Qual è la differenza tra un cantante e un poeta? Il primo ti racconta una sua emozione, il secondo la scolpisce per sempre nel tuo cuore, rendendola universale. Questa risposta dimostra che è ancora possibile far poesia oggi in una società dominata dai mezzi di comunicazione di massa e dalle nuove tecnologie, nonostante la più discreta delle arti (Montale), cammini sempre sull’orlo del precipizio artistico. Ma la crisi della poesia non deriva dal fatto che questa forma artistica è libera da qualsiasi finanziamento da parte del Fondo unico per lo Spettacolo.
Le radici della perdita del senso poetico vanno cercate molto più indietro della nascita della televisione. Infatti, con la prima industralizzazione, il poeta già sentiva che la sua opera d’arte veniva giudicata come una merce e valutata secondo le leggi dell’economia. Da quel momento si è creata una faglia quasi insanabile tra l’artista e la società, tant’è vero che i poeti avevano reagito con un atteggiamento sprezzante nei confronti del mondo che li circondava (se si pensa agli Scapigliati o ai poeti Maledetti) oppure si è erano completamente isolati, rifugiati in un mondo alternativo fatto di illusioni, arte e letteratura (è il caso degli esteti o dell’Accademia dell’Arcadia, per esempio). Anche per lo stesso Leopardi sembrava non esserci più spazio per la fantasia da quando l’uomo moderno ha razionalizzato la vita col progresso e si è distaccato dalla natura.
Ma il “declino del vate” risale già all’età imperiale, periodo in cui l’artista era diventato un “intellettuale organico”(Gramsci), un cortigiano libero solo di adulare l’imperatore, secondo Tacito. Nello stesso periodo molti scrittori latini e greci come Petronio, Quintiliano e l’anonimo de “Il sublime”, facevano ricadere le cause della decadenza dell’eloquenza sui vizi dell’uomo: la ricchezza, la sete di potere, ma anche la tecnologia che, per Seneca, fomenta le passioni umane. Infatti, come dirà quasi duemila anni dopo il filosofo Heidegger, “la tecnica non è uno strumento neutrale nelle mani dell’uomo”, anche per il fatto che essa è capace di ridurre l’individuo a oggetto “obliando l’Essere”. Nasce così quel “disincantamento del mondo” di cui parla Weber, intendendo che l’intellettuale si ridurrebbe alla sua totale intellettualizzazione.
Niente di più sbagliato se si pensa che la bellezza è “consistenza”, non “astrazione”, come dice Antonio Spadaro, e che il compito dell’artista è riuscire a trattenerla in poesie, quadri, sculture per non farla fuggire. È sbagliato credere che la bellezza possa essere rinchiusa nella torre d’avorio degli intellettuali perché essa sgorga incessantemente dalla vita. Il poeta non fa altro che “mettere a fuoco la realtà”, come dice Rondoni; realtà di cui spesso non ci accorgiamo, presi come siamo da una sorta di incantesimo materialista .
Tuttavia prenderemmo un abbaglio se credessimo “che è vero solo ciò che vediamo e tocchiamo” (Giovanni Casoli). Per questo Paul Klee diceva che “l’arte rende visibile l’invisibile” e il Piccolo Principe che ciò che è invisibile agli occhi è l’essenza della realtà. Infatti la poesia nasce da una situazione limite e sembra aprire per noi spiragli di trascendenza, come dice il filosofo esistenzialista Jaspers; e per questo il linguaggio dell’arte va oltre il significato “ontico” delle parole. In effetti i poeti – grazie alle loro innate capacità di concepire grandi idee e la passione ispirata - riescono a creare per noi “mondi alternativi” dal nulla (Anonimo de “Il sublime”), attraverso quell’ ”arcana/armonia melodia pittrice” di cui parla Foscolo ne “Le Grazie”.
Ma la poesia non è solo gioia e allegria; in quanto specchio della realtà, essa può cantare anche la disperazione e la morte. Basti pensare al Decameron boccacciano nato per esorcizzare la paura della peste nera del 1348. Infatti, come diceva Rainer Maria Rilke, il vero poeta è colui che “sa evocare la bellezza nella povertà”. Anche nei momenti più bui della vita, dunque, si realizza quella comunione di anime tra scrittore e lettore che dà senso alla poesia, e questa - secondo Rondoni - non è mai un fatto privato. Solo in quel momento la vita del poeta diverrà la nostra vita e la sua esperienza, la nostra.
Per esistere, dunque, la poesia ha bisogno del mondo e dell’altro. Per questo chi scrive deve essere innanzitutto un buon ascoltatore.
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