di Olga Sanese pubblicato su l'Ottimista del 28 giugno 2011
“De gustibus, excusatio non petita, verba volant: tutti sanno cominciare, solo i migliori sanno finire.” Così si leggeva su Internazionale del 29 aprile scorso che voleva tirare una frecciatina alla nuova moda british di parlare in latino. D’altronde, si sa, all’estero le lingue classiche danno ancora un certo tono a chi le conosce e riflettono molto fascino verso chi le vuole imparare. Così, sempre più ricercatori di lettere antiche fuggono nelle università americane o inglesi e sempre più anglosassoni forniscono validi contributi alla ricerca in queste materie. Insomma chi, sin da liceo, pensava di studiare una lingua morta si sbagliava di grosso!
In questo caso anche in Italia numerose scuole adottano il latino parlato come nuovo sistema per farlo studiare i propri ragazzi. Esso viene appreso come se fosse una lingua straniera moderna, quindi parlandola. Niente più versioni scritte, dunque, ma dialoghi. Addio passività: occorre mettersi in gioco e cimentarsi oralmente con la favella di Cicerone e Virgilio. Il fattore decisivo è la soddisfazione provata dagli alunni quando scoprono il latino da un punto di vista comunicativo: si sentono, allora, degli antichi romani e l’ora di lezione spesso si trasforma in teatro: i ragazzi possono indossare gli antichi costumi romani, toghe e quant’altro.
Ma su cosa di basa l’apprendimento del latino parlato? Tutto nasce dal “Lingua latina per se illustrata” di Hans H. Ørberg, manuale scritto interamente in latino. Il metodo usato è quello induttivo, per cui non si dà più la regola per farla applicare nel testo ma, al contrario, si parte dal particolare (la lettura di un testo latino) e si “induce” la regola generale. Illustrazioni o note marginali accompagnano il testo e cercano di far intuire più facilmente il significato del testo. A questo scopo i capitoli della prima parte del corso formano una storia, una sorta di ‘romanzo’ in latino, su una famiglia-tipo del II secolo d.C.; la vicenda attira gli alunni in tal modo che essi sono curiosi di conoscere il seguito. Mentre leggono, gli allievi familiarizzano con il vocabolario e la grammatica (che non viene certo eliminata!) che permette loro di procedere, nella seconda parte, alla lettura di una selezione rappresentativa della letteratura latina.
Ma la novità assoluta, quella che rende questo metodo veramente nuovo e “simpatico” per i ragazzi, è il “Pensum C” che consiste in una serie di domande, concernenti il contenuto del testo, che richiedono risposte in latino. Il metodo diretto si è mostrato, così, efficace tanto per l’insegnamento scolastico quanto per quello autodidattico.
In Italia, tra i sostenitori del metodo Horbeg, spicca la figura del prof. Luigi Miraglia che è uno dei promotori di questa nuova didattica del latino.
Insomma, come dice Internazionale: “per spiazzare i saputelli che parlano in latino c’è solo un mezzo: il greco”. Gli americani ci stanno già facendo un pensierino…
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