di Olga Sanese pubblicato su L'Ottimista del 12/7/2011
Quanto vale economicamente il volontariato? Ossia: quanto si spenderebbe se i volontari non lavorassero gratuitamente ma fossero regolarmente retribuiti per le attività che svolgono più o meno regolarmente? Di questo si parlerà nella mattinata del 5 luglio al Consiglio Nazionale dell’economia e del lavoro, durante la presentazione della Ricerca su “La valorizzazione economica del lavoro volontario nel settore non profit” realizzata dall’Istat su richiesta dell’Osservatorio sull’economia sociale del Cnel.
Questo lavoro nasce dalla sfida lanciata il 26 ottobre scorso da Lester Salamon, Direttore del “Center for Civil Society Studies” della John Hopkins University (il più importante Centro di studio e di elaborazione a livello mondiale sull’economia sociale non profit) quando il Professore, partendo dalla constazione che al mondo d’oggi “solo ciò che si può contare, conta davvero”, auspicava di misurare anche il volontariato utilizzando dati, numeri e statistiche per far capire l’ordine di grandezza, la composizione e, dunque, l’impatto che avesse sulla società.
Ma come si misura il volontariato? In risposta a quest’interrogativo sono stati realizzati il “Manual on the Measurement of Volunteer Work” dell’Ilo (International Labour Organization) e la Ricerca Istat-Cnel che sono entrambi oggetto del convegno.
Il primo contributo, di respiro internazionale, fornisce le indicazioni necessarie per conoscere il numero, le caratteristiche e il valore economico dei lavoratori volontari, evidenziando il fatto che il volontariato è «lavoro», cioè è produttivo - produce beni e servizi compresi nella definizione di produzione degli SNA – anche se non è né pagato né obbligatorio; si tratta di tempo che alcuni individui dedicano gratuitamente ad attività svolte da un’organizzazione o direttamente ad altre pesrone al di fuori dell’ambito domestico, per almeno un’ora considerando un periodo di riferimento. Il lavoro volontario, dunque, fornisce un contributo economico e sociale alla società ed è fondamentale per il suo benessere (si vedano, per esempio, gli studi sui nuovi indicatori di benessere per la misurazione del PIL che Istat e Cnel stanno studiando insieme). Dal contributo dell’Ilo emerge, quindi, che sono 140 milioni i volontari dei 37 paesi presi in considerazione dal Manuale dell’Ilo (pari al 12 % della popolazione adulta); essi lavorano in media 6 ore alla settimana e producono l’1.2% del PIL (più di 400 miliardi di US$) mentre ammontano a 20.8 milioni le occupazioni equivalenti a tempo pieno.
La ricerca tutta italiana dell’Istat si basa, invece, sull’ottavo Censimento dell’industria e dei servizi del 2001 da cui i volontari attivi nelle istituzioni nonprofit risultano essere 3.315.327 unità (con un + 3% rispetto al precedente) e il censimento dell’Istat relativo alle istituzioni nonprofit del 1999 che ha rilevato le ore prestate dai volontari. In particolare, nell’ambito della rilevazione censuaria, era previsto che ogni istituzione nonprofit indicasse il numero dei volontari distinti per la modalità di svolgimento dell’attività (saltuaria o sistematica) e, successivamente, il numero medio di ore prestate dai volontari dell’organizzazione nel mese di riferimento. Da qui è stato utilizzato il metodo del costo di sostituzione che consiste nell’assegnazione di un valore economico al tempo offerto dai volontari, per ogni tipo di funzione che assolvono, in accordo con il costo che sarebbe necessario pagare qualora si acquistassero gli stessi servizi di mercato, mentre una seconda variante ha assegnato la retribuzione di una professione “vicina” o comunque simile alla mansione che i volontari normalmente svolgono. La Ricerca , dunque, stima economicamente il lavoro volontario intorno allo 0,7% del PIL nazionale, riferito al 1999 che, se sommato al totale del valore della produzione di tutte le organizzazioni nonprofit, condurrebbe a quantificare la ricchezza prodotta da questo settore in Italia al di sopra del 4% del prodotto interno lordo.
La suddetta ricerca offre, dunque, una risposta importantissima a un interrogativo posto da tempo e sottolinea ancora una volta che il volontariato non è solo un atto individuale, ma ha un valore sociale ed economico. E questo risultato acquista maggior importanza alla luce dell’Anno Europeo del Volontariato, che ricorre quest’anno, proprio come auspicava il Prof. Salamon.
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