martedì 16 agosto 2011

Insegnanti socratici o sofisti? Genitori sarti o pittori?

Lo Stato, con i tagli alla scuola, sembra concordare con Socrate: il sapere non è una merce. A questo punto avevano ragione i sofisti…
di Olga Sanese pubblicato su "Il Sussidiario.net" il 16/6/2011

Socrate si distingueva dai sofisti perché questi ultimi vendevano il loro sapere. Quindi potrebbero dirsi socratici – per usare un eufemismo - tutti quegli insegnanti che oggi insegnano gratis perché un posto di lavoro nella scuola italiana non ce l’hanno, magari a causa dello scarso punteggio o perché mancanti di abilitazione nazionale (tuttora non conseguibile) o perché non ancora iscritti in graduatoria.
Quest’anno, infatti, in tutta Italia, sono sorti numerosissimi “Centri studio” pomeridiani e “Doposcuola” dove giovani ragazzi hanno aiutato nello studio persone bisognose di ripetizioni, ma che non potevano  permettersi un insegnante privato a casa.
In una anno scolastico in cui il Ministero della Pubblica Istruzione ha perso cause milionarie dopo le numerose sentenze dei TAR di varie regioni per la stabilizzazione di precari (che non erano più supplenti da tempo ma occupavano stabilmente cattedre del tutto vacanti), sono sorte anche Associazioni di Promozione Sociale (e dunque, in parte, sovvenzionate dallo Stato) con lo scopo di insegnare italiano agli stranieri, ancora non riconosciuta come materia nelle scuole pubbliche. E indovinate chi vi insegna? Volontari.
E si possono citare numerosi casi simili. Per esempio su La Stampa di Torino del 20 marzo scorso un giovane laureando in Scienze della Formazione Primaria che aveva conseguito privatamente un titolo di conoscenza dell’inglese si offriva per insegnare gratuitamente la lingua della Gran Bretagna in una scuola elementare cui era stato tagliato il maestro di lingua. A Roma, da circa un anno, è attivo il “Centro studi” di Tor Bella Monaca, una difficile periferia romana, in cui gli insegnanti-volontari accolgono e aiutano nello studio numerosi stranieri che spesso vanno lì non solo per apprendere, ma anche soltanto per stare in compagnia. Non mancano genitori che vi parcheggiano i loro figli per non pagare la babysitter… Per non parlare di quello che è successo in una scuola di Campagna Lupia (Nord est) che, dopo aver rischiato di chiudere, ha aumentato di gran lunga la sua offerta formativa grazie alla sponsorizzazione dell’Associazione Pro Lughetto, come emerge da un articolo pubblicato da Il Gazzettino del 25 marzo scorso. A Milano i prof volotari si sono riuniti in una cooperativa e insegnano dall’ora di pranzo alle cinque e mezza del pomeriggio nella Scula popolare di via Natta, in zona Lampugnano. A Campobasso, poi, la giovanissima Chiara Picciano (24 anni) organizza lezioni di recupero presso il Convento dei Frati Cappuccini a cifre davvero irrisorie.
Contro i tagli non si mettono in moto solo professori, ma gli stessi genitori, dimostrando una volta tanto che la coppia educativa funzioni davvero. Padri e madri di famiglia ritinteggiano le pareti delle aule scolastiche dei propri figli la domenica o, come accade alla primaria “Stoppani” di Milano, si mettono all’asta, cioè offrono lavori di sartoria, di pianoforte, di pilates, di ping pong a chi dà un finanziamento alla scuola dei loro figli.
Ma perché avviene tutto ciò? Perché i genitori, invece di fare gli “indignados” come in Spagna, offrono tempo e soldi ala scuola dei loro figli che dovrebbe essere mantenuta dallo Stato? Perché è nel dna degli italiani agire, invece che piangersi addosso (e ai vertici lo sanno e se ne approfittano). E poi come mai un neolaureato decide di insegnare gratis? Si tratta di ragazzi caparbi che hanno scelto l’Università e la via dell’insegnamento non come ammortizzatore sociale (come forse i loro genitori hanno fatto un tempo) ma perché credono fortemente nel valore del sapere e perché hanno a cuore la disciplina che hanno studiato e gli studenti a cui si rivolgono. Il fatto che lo facciano volontariamente fa capire come c’è in loro un insopprimibile desiderio di trasmettere ciò che hanno imparato. Dunque, dopo la decisione di Gelmini-Tremonti secondo cui 65.000 precari diverranno di ruolo  in tre anni, si aspetta qualcosa in più per i più giovani, preparati e pronti ad entrare nel mondo della scuola con tutta la loro voglia di ri-costruire un’istituzione nuova e più forte.

Nessun commento:

Posta un commento