di Olga Sanese pubblicato su "Mag Magazine" di Agosto-Settembre 2011
Un quaderno a quadretti su cui il Prof. digitale scrive i suoi post; in alto scorrono le frasi più belle del romanzo “Bianca come il latte, rossa come il sangue”, uscito nel 2009 e ancora nelle classifiche dei primi dieci libri più venduti; a sinistra la foto del giovane professore, barbetta e capelli ricci biondi, alter ego del supplente “Sognatore”, “tutto nero come la Morte di guerre stellari” – così lo descrive Leo, il sedicenne protagonista del romanzo. Tutto questo e molto altro è il blog di Alessandro D’Avenia, 34 enne, siciliano, professore di italiano e latino in un liceo di Milano, editorialista di Avvenire, già di nuovo alle prese con la gestazione di un secondo romanzo (che ha iniziato a “scalciare” da un po’) e indaffarato con le riprese del film tratto dal suo primo libro.
D’Avenia rappresenta per l’Italia di oggi (e non solo, dato che il suo best-seller è stato tradotto in moltissime altre lingue) una sorta di “angelo caduto in volo” che ha risvegliato la scuola e il mondo della cultura dal sonno del “tanto non cambierà mai nulla” per riportare entrambi al loro principale scopo: educare alla bellezza. E per riuscire in questo si rivolge soprattutto ai ragazzi, dei quali parla la stessa lingua, esortandoli ad avere almeno un sogno… sì, contro ogni luogo comune e a dispetto di una società che li descrive senza neanche un cassetto per poterli custodire e, al momento opportuno, esaudire. Addio, dunque, ai “vampiri, cioè quei prof succhiasangue che tornano a casa e si chiudono nei loro sarcofaghi aspettando le prossime vittime”, come si legge nel romanzo; la figura del supplente Sognatore non è più un “concentrato di sfiga cosmica”, sfigato che porta sfiga agli altri Professori - magari anche “vecchio stampo” - che si trova a sostituire. Il Prof. 2.0 è un homo novus capace di spalancare gli occhi e il cuore dei ragazzi davanti alle meraviglie della realtà.
E come? Anche attraverso quei post che scrive sul suo blog, sempre illuminanti; a partire dal quotidiano D’Avenia riesce, con poche parole, a svelare verità inaspettate. È possibile così leggere e commentare le sue lezioni di scuola, i pensieri sparsi, i commenti letterari (come la rubrica “Lo zibaldino domenicale”) e, nonostante il supporto usato, non c’è niente di virtuale in quello che si legge su http://www.profduepuntozero.it/. E ora, oltre ai post, ha iniziato a “postare” video, come se il suo blog fosse una rivisitazione letterario-scolastica di You-tube. D’altronde la potenza dell’immagine, visto il seguito di adolescenti e genitori che il Prof. 2.0 ha , è fondamentale: chi non lo può vedere tutti i giorni a scuola ha, così, la possibilità di seguire le sue riflessioni da casa con un pc.
Poi ultimamente ha iniziato una sotto-rubrica dal titolo “La pasta delle cose sono storie” in cui è possibile guardarlo negli occhi mentre racconta quello che gli capita nella giornata, quando parla di amore, dolore, morte, inquietudine, gioia, felicità… con una semplicità che tocca direttamente le corde dei cuori dei più giovani e anche di chi, crescendo, ha dimenticato - o non ha mai visto a fondo - le cose nella loro bellezza. Ma soprattutto D’Avenia è il cantore dell’adolescenza; da novello Peter Pan scava nei cuori dei suoi alunni e scopre che è necessario incanalare le loro forze e la loro voglia di vivere verso cose positive affinché essi abbiano sempre fame di verità e pace. Molti ragazzi oggi sono spenti perché, dopo aver avuto e provato tutto, schiavi delle mode, si rendono conto che non hanno niente né in mano né nel cuore: tutt’altro rispetto a quella definizione di adolescenti - “ricchi di ogni desiderio, pieni di occhi” - che dava non molto tempo fa il poeta Alfonso Gatto.
Per questo la parte più interessante del blog di D’Avenia sono i commenti dei ragazzi e le risposte che lui dà puntualmente a tutti. Non mancano domande forti, vibranti, come quando una ragazza grida più o meno così: “Provi a spiegare Manzoni o Leopardi in una classe di ragazzi spenti dalla droga in una periferia malfamata!”. Cosa rispondere a una provocazione del genere? Difficile dirlo. Ma resta il fatto che anche il ragazzo più disperato ha bisogno di felicità (e la cerca, purtroppo, in posti e persone sbagliate) proprio come l’Innominato manzoniano; tutti hanno bisogno di giustizia, proprio come la cercava Renzo ne “I Promessi Sposi”; ognuno desidera la libertà, quella che rispetta gli altri ma prima di tutto se stessi e che il gabbiano Jonathan Livingstone pretendeva dal suo stormo.
Perciò ai professori del Terzo Millennio, più che mai, si chiede di far trasparire dalla realtà e da quegli intramontabili amici che sono i classici – padri e madri della nostra storia – il bisogno di quiete che grida ogni animo umano e che è possibile riconoscere in tutti gli scrittori e personaggi della letteratura. Solo così sarà possibile quella “meglio gioventù” di cui il Prof. 2.0 parla con mirabile padronanza.
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