mercoledì 27 aprile 2011

SENECA E' L'INVENTORE DELLA BIG SOCIETY

di Olga Sanese su l'Ottimista del 21/4/2010

Il 10 marzo del 2011 la Presidente della Charity Commission del Parlamento inglese, Dame Suzi Leather, ha tenuto un convegno a Montecitorio per raccontare l’esperienza della Big Society inglese. Si tratta di “una più grande società” in uno Stato che si limita a indirizzare le attività delle associazioni volte al bene comune. Della Big Society il premier David Cameron ha fatto una colonna portante del suo mandato elettorale. Nell’introduzione al suo discorso, la Presidente ha tenuto a sottolineare come la Big Society affondi le radici in un’idea del filosofo latino Seneca che nel De Officiis (I secolo d.C.) aveva già affermato che “gli atti di filantropia non dovrebbero essere buttati a caso (…) ma dati con giudizio (altrimenti) essi cessano di essere benefici”. Perciò, per fare in modo che ci sia un corretto rapporto tra donatore e beneficiario, è importante che le società adottino delle misure opportune che contribuiscano a valorizzare l’impatto delle opere di bene sulla società.
Dunque, è come se la Presidente della Charity Commission fosse venuta a ricordarci che il terzo settore italiano ha origini antichissime, mentre in Gran Bretagna è appena nato, per rispondere alla crisi economica globale. L’opposizione laburista inglese sostiene infatti che la Big Society sia uno strumento del governo per nascondere i tagli alla spesa pubblica, quel “più società e meno soldi” dallo Stato per il welfare.
Nel nostro Paese, invece, il volontariato e l’associazionismo hanno creato reti di solidarietà sociale sin dalla tarda antichità, in quanto la carità è da sempre iscritta nel cuore degli italiani. Gli stessi concetti inglesi di “charity” e di “filantropia” non hanno proprio lo stesso valore della parola “carità”. Charity, infatti, significa “fare l’elemosina”, non includendo il senso (che ha nella radice greca) di “amore”, cioè di atto disinteressato, di donazione gratuita, mentre filantropia rappresenta quell’infrastruttura sociale che è volta a promuovere la “cultura” del dono. Una “filantropia istituzionale” dunque, non interamente fondata sulle persone, come nella nostra economia sociale.
In Italia, le associazioni del terzo settore sono presenti in quasi tutti gli ambiti della vita sociale: dalla cultura alla sanità, dalla cooperazione e lo sviluppo alla cura degli anziani, dalla ricerca alla tecnologia. Grazie a uno strumento importantissimo come il cinque per mille, i contribuenti possono destinare il proprio contributo ad un’organizzazione no-profit, premiando così il lavoro di tantissimi volontari che si adoperano per il bene comune. Nonostante la crisi, le statistiche affermano che la generosità e le donazioni non sono diminuite.
È poi ancora più importante che ci sia un ricambio generazionale anche all’interno delle Onlus. Per questo il 15 aprile 2011 si è tenuto un convegno sul volontariato giovanile intitolato “Dammi spazio” in cui anche i ragazzi non iscritti a nessuna associazione hanno voluto far sentire la loro voce per “dare spazio”, appunto, alla loro idea di volontariato.
Per esempio alcune scuole hanno creato degli sportelli per indirizzare gli studenti alle varie attività esistenti: un Istituto Tecnico Commerciale di Pisa sta facendo gratuitamente la compilazione dei modelli 730 per la dichiarazione dei redditi alle persone in difficoltà mentre a Roma la scuola media Falletti di Barolo ha deciso di accompagnare una volta al mese gli studenti in una Casa di Riposo per portare aria giovane agli anziani.
Il tutto contribuisce ad elevare la figura del volontario che è simile a quella del poeta che, secondo Rainer Maria Rilke, “sa evocare la bellezza nella povertà”.

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