Risposta di Dino Boffo alla mia lettera


Giovani laureati, la cattedra è un miraggio
 
 



Caro Direttore,
concordo e sottoscrivo in toto quanto espresso da Olga Sanese riguardo la situazione dei neolaureati in cerca di un posto da insegnante nella scuola oggi. Anch’io mi sono laureato da poco in Lettere classiche, per quanto in età più avanzata della signorina (28 anni), con l’aggravante colpevolezza di essere però diplomato anche al Conservatorio (in pianoforte), convinto che Bach e Dante facessero parte della stessa cultura.

Evidentemente mi sbagliavo, in quanto nella scuola di oggi conta solo prepotenza e arrivismo (e questo distrugge in un batter d’occhio tutti i nostri «sogni» sull’educazione!), uniti a una buona dose di cinismo. La bellezza del contatto diretto coi ragazzi, esperita quest’estate durante un incarico per le commissioni di maturità, rimarrà per molto tempo l’unico ricordo di un approccio col mondo scolastico, di cui intravedevo le disorientanti crepe (per esempio nella prova scritta di italiano) ma anche il fascino. E con i Conservatori la situazione non è migliore: si stanno attivando corsi «abilitanti» all’insegnamento frequentati da signore con bimbi in carrozzina e allegri quarantenni allo sbando, certi che nell’anno venturo ci sarà un posto anche per loro, mentre i «veri» insegnanti, sotto le mentite spoglie di persone dabbene, non sanno far altro che provarci con le ragazzine... Forse, Direttore, non ci crederà, ma è davvero così! A fronte di questa desolante situazione «la patrizia prole che fa» (Andrea Chenier)?

Michele Bianchi, Carrara


Comprendo, caro amico, l’amarezza sua come quella della signorina Olga. Sappiamo infatti quanto fosco appaia il futuro a tanti giovani che si sono spesi, con fatica e merito, per realizzare la cosa più importante nella vita: seguire ciò che li affascina sino a farne un’ipotesi di lavoro, di carriera. Non so, sinceramente, quanto l’amore che portate ai classici, all’arte, alla musica, all’umanesimo, potrà diventare concretamente professione, impiego, reddito certo. Purtroppo, nell’Europa di oggi, il nostro Paese risulta fra i meno attrezzati a valorizzare il «capitale gioventù», a investire sulla legittima voglia di protagonismo delle nuove generazioni. Ma è una lettura che, secondo me, eccede in pessimismo.

Certo, tutto sembra remare contro le loro aspettative, quasi fossero una fastidiosa pretesa, quasi fossero un problema anziché un patrimonio: i corsi universitari e d’accademia sono in gran parte obsoleti, con preparazione di scarsa attualità; il mercato del lavoro non presenta chiari percorsi di accesso e, soprattutto nel comparto pubblico qual è la scuola, è ingessato da troppa burocrazia e da oggettivi limiti di bilancio; infine gli agognati stipendi, quand’anche li si raggiunga, sono il più delle volte inadeguati al valore del titolo di studio nonché all’impegno, anche economico, profuso dal laureato e dalla sua famiglia. Il cursus honorum è impervio e irto di ostacoli non solo per chi aspira a una cattedra, ma anche negli altri settori: analoghe difficoltà e frustrazioni incontrano infatti i giovani che ambiscono a diventare medici, ingegneri, artisti...

Su questa difficile realtà è salutare aprire gli occhi, rinunciando a coltivare progetti laddove si rivelassero chiaramente miraggi o illusioni. Ciò detto, guai se questo mio appello al realismo suonasse come un «deponete le armi» nei confronti delle giuste speranze delle persone come lei, anzi direttamente delle sue speranze. Le dico con tutto il fiato che ho nei polmoni: provi, tenti, pedali. Ho visto avverarsi sogni più improbabili del suo. Speriamo intanto che queste vostre voci giungano all’orecchio di chi, in alto loco, deve porre mano a un’ormai indispensabile seria riforma della scuola. Riforma che non può non tener conto della formazione e degli sbocchi professionali.