venerdì 30 settembre 2011

ecco chi è il genio che ha fatto la mia caricatura: Una pittrice romana adottata dal Molise

di Olga Sanese pubblicato su LA FONTE di settembre 2011


Il 23 settembre scorso è stata inaugurata a Roma presso la “Sesto Senso Art Gallery” la mostra molisana “La donna nell’arte”, patrocinata dalla Pari Opportunità della Regione Molise in collaborazione con la Regione Lazio.
Ciò che colpisce di più non era che ci fossero tante artiste molisane (Mariagrazia Colasanto, Sara D’Uva, Nadia Comegna, Giulia Magnaguagno, Irene Petrafesa, Elena Maglione, Cristina Valerio, Carlotta Ruggirello, Antonella Mastropietro) ma che una di queste, Giulia Magagnini, era una molisana adottata.
Di solito si parla di ragazzi della nostra Regione che vanno a studiare in altre zone d’Italia, ma raramente si sente dire che giovani di altre regioni si trasferiscano nella “capitale” del Molise.
Giulia, romana doc, 27 anni, dopo essersi laureata all'Accademia delle Belle Arti di Roma, è venuta a vivere circa tre anni fa a Campobasso con tavolozza e pennelli e qui esercita il suo estro pittorico.


Cara pittrice, come mai hai deciso di lasciare una città dalle mille opportunità come Roma per la piccola Campobasso?
Basta dire che di mostre ne ho fatte più qui che a Roma. Ho partecipato a Matrice Arte e ho esposto in librerie (per esempio presso “La Scolastica”) e, volutamente, in altri luoghi non proprio deputati alle mostre cosicchè tutti potevano essere assaliti da un briciolo di arte nei momenti più impensabili della loro giornata. 

Come ti sei trovata in mezzo ai molisani?
Qui rispetto a Roma è tutto più raccolto, forse è per questo che ho conosciuto molte persone dell'ambiente che erano disponibili a portare eventi culturali nella propria città. Tuttavia il prezzo da pagare per non dimenticare la propria cultura e le proprie tradizioni millenarie è una sorta di chiusura e diffidenza verso tutto ciò che è nuovo e e che, dunque, è nelle mani dei giovani.

Credi che Campobasso sia una città che dà spazio agli artisti o si potrebbe fare in più?
In realtà sono rimasta a bocca aperta e naso all'insù ad ammirare i murales che hanno realizzato al Terminal alcuni dei più importanti writers della scena artistica italiana. Questo fatto, nonostante le contestazioni che ci sono state, è sicuramente un buon segno…

Quali sono le tue principali linee pittoriche?
La mia arte è un continuo studio sui temi del corpo, dei legami, dell'identità attraverso l'utilizzo di disegno, pittura e fotografia.

giovedì 29 settembre 2011

Schmitt “Il bambino di Noè”

di Olga Sanese pubblicato su l'Ottimista di settembre 2011
“Il bambino di Noè” di Eric-Emmanuel Schmitt non è la solita storia di un ebreo salvato dallo Schindler di turno, ma è un racconto originalissimo di una fede che evolve e cambia. Un bambino di nome Joseph si converte al cristianesimo grazie all’aiuto del suo benefattore, un prete che mette su un orfanotrofio, rifugio di piccoli ebrei che hanno perso i loro genitori prima e durante le persecuzioni naziste. Padre Pons è come un novello Noè che raccoglie gli orfani ebrei nella sua “arca” per salvarli dal “diluvio” della Shoa; questa è la sua “collezione” per fare in modo che non si perda nemmeno una “specie” vivente.
Per passare il tempo fino alla liberazione senza perdere mai la speranza  il prete cattolico propone al bimbo uno scambio culturale: egli insegnerà cos’è la Chiesa e chi è Gesù al piccolo, mentre quest’ultimo sarà chiamato a raccontare dei patriarchi e dell’Antico Testamento. Forse la scena più bella è proprio la descrizione della chiesa da parte del bambino che ci si trova per la prima volta e che passa da nascondiglio a luogo di culto, quasi come i primi cristiani delle catacombe: “Ma dove si sarebbe seduto Dio?..In un attimo capii tutto: Dio era là…era lui l’aria che vibrava, era lui l’aria che cantava..era lui che si stemperava nei colori delle vetrate…Avevo il cuore pieno…Respiravo Dio a pieni polmoni”.
Ed è proprio la conversione il momento apicale di tutto il racconto. Quando finisce la guerra e lui si sente più cristiano che ebreo si scontra inevitabilmente con la sua fede precedente e con chi la rappresenta: i genitori ritrovati, in primo luogo. Dopo che la paura era passata e tutto poteva tornare come prima, il bimbo rifugge le sue origini e le sue radici, anche per gratitudine verso Padre Pons. Ma quest’ultimo lo “costringe” a rimanere ebreo per non venir meno al legame familiare che la guerra aveva tentato di lacerare.
Così, d’un tratto, ce lo ritroviamo grande quel bambino salvato da Noè. Dalle leggi di Norimberga si passa alla guerra ancora attuale di israeliani contro palestinesi dove Joseph lotta per la pace dei due popoli.
“Il bambino di Noè” di Eric-Emmanuel Schmitt è un libro autobiografico che interroga anche i cristiani di oggi, sul ruolo da loro giocato nella seconda guerra mondiale e in particolare nel loro rapporto con i fratelli maggiori, da Pio XII a Giovanni Paolo II.
Un libricino che si legge in un soffio, ma che si fatica a dimenticare tanto restano impresse nella mente quelle immagini, scolpite quelle frasi, incamerate quelle riflessioni fatte da un bambino che è simbolo del cammino spirituale di ognuno di noi.

martedì 27 settembre 2011

Esportiamo le lingue classiche nel BRIC (Brasile, Russia, India e Cina) per far scoprire loro i diritti

di Olga Sanese su
La filosofa americana Nussbaum, autrice del noto “Non per profitto” (libro dedicato alla necessità degli studi speculativi soprattutto nell’epoca economica che stiamo vivendo) dice che, leggendo Platone alle Indiane, sta facendo nascere in loro il desiderio di conquistare i loro diritti fondamentali. I classici potrebbero essere così il motore del futuro democratico di molti Stati in via di sviluppo.
Da sempre la storia dimostra che una delle conseguenze del boom economico di una nazione è lo sbocciare della fioritura artistica. Come nell’antica Grecia nessun miracolo culturale sarebbe stato possibile senza il commercio e la fondazione di colonie e a Firenze non ci sarebbe Lorenzo il Magnifico senza il fiorino d’oro,  anche la Cina – colosso economico mondiale attuale – inizia a scoprire la bellezza e si dedica al culto dei marchi della casa e del design. Le turiste cinesi in Italia, infatti, fotografano sempre più spesso le vetrine dei nostri negozi, incantate dalla bellezza dei prodotti  Made in Italy. E non hanno ancora mai avuto a che fare con un tragediografo greco come Euripide o con un filosofo latino come Seneca! Per esempio in America  uno dei primi passi dopo il boom economico è stata proprio la riscoperta delle lingue e delle letterature classiche, tanto che hanno natali americani alcuni tra i più grandi letterati di fama mondiale; sulle loro ricerche, infatti, gli Stati Uniti si sono dimostrati all’avanguardia, pronti a finanziarle e a scommetterci, come se attraversassero il loro primo Rinascimento.
Oggi questo passo tocca alla grande Cina, e siamo già sulla buona strada se si pensa che la Repubblica popolare sta moltiplicando esponenzialmente i suoi ricercatori nella consapevolezza che la ricetta vincente è lo studio e gli scienziati sono eroi nazionali. Dal made in China si sta passando, dunque, al made with China, dal “Brain drain” al “Brain gain”. Con questi propositi e con la loro grande capacità di lavoro,  se passiamo da campo lavorativo a quello scolastico i cinesi potrebbero essere particolarmente adatti a tradurre (e senza I-Pod!) lunghe versioni di latino e greco, una delle grandi e sane fatiche che richiedono gli studi classici.
Ovviamente questo discorso vale anche alle altre nazioni in via di espansione, quelle che - secondo il saggio di Andrea Goldste - formano la sigla BRIC (dopo la Cina c’è il Brasile, la Russia e l’India): in Brasile non avrebbero nessuna difficoltà a familiarizzare con le lingue classiche in quanto il portoghese è una lingua neolatina; in Russia sono avvantaggiati perché il loro alfabeto greco deriva direttamente da quello degli evangelizzatori Cirillo e Metodio; in India scoprirebbero che l’antico sanscrito ha le stesse radici del latino e greco discendendo dal comune indoeuropeo.
Chi meglio dei classici, dunque, potrebbe far percepire i mercati emergenti come portatori di un appeal globale e di successo? Saranno capaci i tanti giovani letterati che, magari non trovando occupazione nel nostro sistema scolastico sempre più ricco di studenti stranieri, di dare inizio a questo nuovo progetto di diffusione dell’ humanitas. Ai posteri l’ardua sentenza…

sabato 24 settembre 2011

Toglietevi i bracciali e indossate BRACCIALINI


di Olga Sanese pubblicato su L'Ottimista del 15/9/2011

Chissà cosa avrebbe pensato Dante se sua nipote avesse portato una borsa con stampata la faccia del nonno e l’inizio della Divina Commedia… Ebbene sì per le letterate c’è finalmente la borsa a forma di Dante, per chi ama la natura quelle di animali, con i panni stesi e un vulcano sullo sfondo per chi ha Napoli nel cuore (e anche sottobraccio). Sono le borse Braccialini ad essere sempre più di tendenza tra le mani o sotto il braccio delle donne italiane.
Braccialini non poteva non nascere a Firenze , patria di Pitti e della pelletteria italiana, nel 1954 grazie all’intuito (e sicuramente all’amore) dei due omonimi coniugi. Ma è solo negli ultimi anni, se non mesi, che ha visto una decisa affermazione sul mercato italiano e mondiale: infatti sono oltre 40 i Paesi che oggi ospitano questo importante tassello del Made in Italy. Sin dagli anni Ottanta si contano collaborazioni con altre griffe come Fiorucci e Rocco barocco; dal Novanta l’exploit con il marchio “TUA by Braccialini” che si impone coma linea giovane e meno costosa, pensata per la donna ironica e spensierata che ama borse a volte stravagantemente originali e non teme di passare inosservata. La varietà  di queste borse è tanta e tale., infatti, che si potrebbe dire - parafrasando Paganini -  Braccialini non ripete”. Accanto alla linea classica per le donne di una volta, c’è quella “Temi” a forma di Cinquecento, casetta, gufo, riccio, cavalluccio e ape – il tutto rigorosamente cucito a mano; oppure è possibile indossare quelle della linea “Cartoline” per portarsi dietro la città del cuore come quella “Love in Florence” che ha come sfondo Ponte vecchio. Ma quelle che vanno più di moda quest’anno sono le “Termini” (ispirate al quaderno dei termini elementari) che racchiudono tutti i disegni-temi su una base neutra. Non mancano le borse dei cartoni animati con i Looney Tunes o quella creata in occasione dell’esplosione della centrale nucleare in omaggio ai giapponesi.
Braccialini ha creato delle borse “strane” (persino a fungo!) e dalle forme morbide tanto da richiamare alla mente le costruzioni spagnole di Gaudì o anche la casa dei dolci di Hansel e Gretel. E adesso per chi va in moto arrivano anche i loghi “Biker by Braccialini” disegnati sul casco.
Questo marchio fiorentino - cha dal 2000 al 2008 ha aumentato del 40 % le proprie vendite - è presente su tutti i social network, da Facebook a Twitter, possiede sia un sito web che un blog per poter commentare le nuove collezioni on-line, essere informati sugli eventi, guardare le foto o i video di persone che indossano le sue borse… In particolare il sito web mette in evidenza anche una politica di responsabilità sociale dell’impresa e, in particolare, la sostenibilità aziendale della nuova sede di Scandicci, costruita e funzionante  a basso impatto ambientale.
Ora aspettiamo con ansia i modelli maschili anche se Chanel diceva che “l’uomo resterà sempre un accessorio della donna”. Certo, fin quando non sfoggerà una tracolla o un borsello Braccialini.

domenica 18 settembre 2011

Latino e greco solo alla classe A052

da Diesse news
Consiglio di Stato:  Illecito l’affidamento, sia pure in “atipicità”, della docenza di latino e greco ad insegnanti di italiano provenienti da altri licei e non abilitati nelle materie in questione. A stabilirlo è stata la Sezione VI del Consiglio di Stato in una ordinanza del 13 settembre scorso (n. 3926/11), con la quale si riconosce un “apprezzabile fumus boni iuris” del ricorso prodotto dall’Unicobas e gli atti vengono rinviati al T.A.R. “per la sollecita e prioritaria fissazione dell'udienza di merito”. Il Consiglio di Stato ha inoltre condannato il MIUR al pagamento delle spese processuali.

venerdì 16 settembre 2011

Cominciamo l’anno scolastico con Pasolini!

di Olga Sanese pubblicato su L'Ottimista del 9/9/2011
Finiti o meno i compiti delle vacanze, lunedì la maggior parte degli studenti italiani ritornerà sui banchi di scuola. Ebbene sì, arriva il primo giorno scuola, la prima campanella che farà suonare dentro di noi il nuovo anno scolastico. C’eravamo lasciati a prima delle vacanze, quando su Repubblica Marco Lodoli suggeriva ai ragazzi di divertirsi invece che fare i compiti perché  si impara più dalle esperienze estive (nuovi amori, falò etc…) che dalle letture assegnate dalla professoressa di turno. E ora ci ritroviamo, all’apertura del nuovo anno scolastico, con lo stesso Lodoli che sempre su Repubblica ha scritto “Basta emozioni. Torniamo ai fondamentali”, come se durante l’estate avesse conosciuto la Mastrocola, la nota insegnante e scrittrice che per prima ha rilanciato la necessità di una scuola seria, ri-costruita sulle conoscenze e sulla fatica dello studio. Infatti nell’articolo datato 31 agosto il Prof. Lodoli scrive “contro la cultura del desiderio che vive di smanie distruttive, contro chi agita nei ragazzi l’emotività, come se la vita fosse solo sballo, notti da inghiottire e giorni da dormire”   bisogna tornare alla lettura e alla matematica perché “la vera rivoluzione è tornare alla sostanza”.
Per questo il primo giorno di scuola sarebbe bello cominciare da qui, da questa “vera rivoluzione” di cui parlava Pasolini profeticamente già quarant’anni fa ne “Il potere senza volto”, articolo pubblicato sul Corriere della Sera del 1974, in cui scriveva: “Tutti i giovani italiani compiono questi identici atti, hanno questo o stesso linguaggio fisico, sono interscambiabili (…) Decidere di farsi crescere i capelli fin sulle spalle, oppure tagliarsi i capelli e farsi crescere i baffi; decidere di mettere una benda in testa (…) decidere di sognare una Ferrari o una Porsche” è il frutto di una società di consumi e di un’omologazione che spersonalizza tutti. Per questo, concludeva in un’intervista rilasciata al “Mondo”, “l’uguaglianza non è stata conquistata, ma è una falsa uguaglianza ricevuta in regalo”.
Ecco, al primo suono della prima campanella, bisognerebbe ricominciare da Pisolini, al quale con il programma non si arriva mai neanche alla fine dell’anno; eppure è stato un anticipatore e un luminare sui temi che ci riguardano così da vicino. È tutta qui “la sostanza” di cui parla lo scrittore Lodoli:  che un ragazzo capisca la differenza tra un’emozione e una passione, come dice  Luigi Ballerini sul Sussidiario.net, perché mentre le prime “bruciano e spariscono”, le seconde “si consolidano e crescono”. La scuola può iniziare aiutando i ragazzi a comprendere che la pubblicità non coincide con la verità e invogliare a ricercare più questa che quella. Ma per trovarla (o almeno capire come inseguirla) tocca impegnarsi tutto l’anno proprio in quella palestra di vita che si chiama scuola.     
Dunque, buon inizio a tutti perché come - dice Pavese – “È bello vivere perché è bello cominciare”.

martedì 13 settembre 2011

la A052 è IN PERICOLO!

Con il riassetto delle classi di concorso, letterati che non sanno il greco possono insegnare italiano al liceo classico (e non viceversa).
Questa è un'assurdità per chi ha studiato greco e latino e ora si vede soffiare da sotto il naso la cattedra.
Salviamo la A052!

lunedì 12 settembre 2011

3.000 posti in più per il TFA delle superiori!

Grazie all'appello giovani (giunto a 12.000 firme!) la Ministra ha accettato la proposta dell'associazione DIESSE di aumentare il numero chiuso.
Ora aspettiamo che anche le Università diano il loro "largo" contributo entro il 7 ottobre p.v.

sabato 10 settembre 2011

UNA DOMANDA AL MINISTRO (su Avvenire del 10/9/2011)

di Olga Sanese

Ringrazio Avvenire e il suo direttore per lo spazio concesso al nostro disagio.
 Vorrei fare solo una domanda al Ministro che ieri ha finalmente risposto all’appello giovani. Se vuole davvero agganciare abilitazione e reclutamento, perché non ha il coraggio di mettere a numero chiuso le università che “sfornano” aspiranti docenti disoccupati? Si è capaci di fare la voce grossa solo con i giovani, con noi che siamo i veri “poveri” della scuola, per i quali nessun sindacato ha mosso un dito. Forse perché siamo diversi: a noi non interessa il “posto fisso” (che nella scuola non c’è mai stato): abbiamo a cuore soltanto una cosa: trasmettere alla nuove generazioni ciò che di bello abbiamo imparato.
Ad ogni modo se il Ministero non ci vuole nella scuola ci dia la possibilità di esprimere le nostre capacità e le nostre competenze in altri campi. Se è necessario cambieremo mestiere, come ci consiglia Feltri, ma non disperda i nostri talenti.
Ps. Ovviamente lunedì suonerà la prima campanella e io non ci sarò nemmeno quest’anno.

venerdì 9 settembre 2011

IL BAMBINO EBREO SALVATO DA NOE’

di Olga Sanese pubblicato su L'Ottimista del 2 settembre 2011

“Il bambino di Noè” di Eric-Emmanuel Schmitt non è la solita storia di un ebreo salvato dallo Schindler di turno, ma è un racconto originalissimo di una fede che evolve e cambia. Un bambino di nome Joseph si converte al cristianesimo grazie all’aiuto del suo benefattore, un prete che mette su un orfanotrofio, rifugio di piccoli ebrei che hanno perso i loro genitori prima e durante le persecuzioni naziste. Padre Pons è come un novello Noè che raccoglie gli orfani ebrei nella sua “arca” per salvarli dal “diluvio” della Shoa; questa è la sua “collezione” per fare in modo che non si perda nemmeno una “specie” vivente.
Per passare il tempo fino alla liberazione senza perdere mai la speranza  il prete cattolico propone al bimbo uno scambio culturale: egli insegnerà cos’è la Chiesa e chi è Gesù al piccolo, mentre quest’ultimo sarà chiamato a raccontare dei patriarchi e dell’Antico Testamento. Forse la scena più bella è proprio la descrizione della chiesa da parte del bambino che ci si trova per la prima volta e che passa da nascondiglio a luogo di culto, quasi come i primi cristiani delle catacombe: “Ma dove si sarebbe seduto Dio?..In un attimo capii tutto: Dio era là…era lui l’aria che vibrava, era lui l’aria che cantava..era lui che si stemperava nei colori delle vetrate…Avevo il cuore pieno…Respiravo Dio a pieni polmoni”.
Ed è proprio la conversione il momento apicale di tutto il racconto. Quando finisce la guerra e lui si sente più cristiano che ebreo si scontra inevitabilmente con la sua fede precedente e con chi la rappresenta: i genitori ritrovati, in primo luogo. Dopo che la paura era passata e tutto poteva tornare come prima, il bimbo rifugge le sue origini e le sue radici, anche per gratitudine verso Padre Pons. Ma quest’ultimo lo “costringe” a rimanere ebreo per non venir meno al legame familiare che la guerra aveva tentato di lacerare.
Così, d’un tratto, ce lo ritroviamo grande quel bambino salvato da Noè. Dalle leggi di Norimberga si passa alla guerra ancora attuale di israeliani contro palestinesi dove Joseph lotta per la pace dei due popoli.
“Il bambino di Noè” di Eric-Emmanuel Schmitt è un libro autobiografico che interroga anche i cristiani di oggi, sul ruolo da loro giocato nella seconda guerra mondiale e in particolare nel loro rapporto con i fratelli maggiori, da Pio XII a Giovanni Paolo II.
Un libricino che si legge in un soffio, ma che si fatica a dimenticare tanto restano impresse nella mente quelle immagini, scolpite quelle frasi, incamerate quelle riflessioni fatte da un bambino che è simbolo del cammino spirituale di ognuno di noi.

mercoledì 7 settembre 2011

Sottoscrivi l'appello per salvare i giovani insegnanti dalla precarietà su www.appellogiovani.it!

APPELLO pubblico in difesa delle giovani generazioni,
del futuro della scuola, dell'università e del nostro Paese

Entro il prossimo mese di ottobre, salvo ulteriori cambiamenti, il Ministro Gelmini firmerà il Decreto che avrà l'effetto di escludere per diversi anni le giovani generazioni dall'insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado.
Nei prossimi anni i posti disponibili per le lauree magistrali e le abilitazioni all'insegnamento saranno ridotti a una quantità irrisoria, che oltre ad essere assolutamente insufficiente a rispondere alle reali necessità della scuola, impedirà ai giovani di abilitarsi.
La propensione del Ministero, sostenuta dai sindacati, è quella di privilegiare i diritti acquisiti dai numerosi precari già inseriti nelle graduatorie ad esaurimento e di far pagare il prezzo del passato (l'annosa e stratificata situazione del precariato scolastico) solo ed esclusivamente ai giovani. Questo è inaccettabile e miope al tempo stesso ed è un macigno sullo sviluppo del nostro Paese. Chi sta insegnando dal 2008 senza abilitazione, chi è ancora in fase di formazione e chi s'iscriverà nei prossimi anni all'università sarà di fatto tagliato fuori dalla possibilità di abilitarsi all'insegnamento.

Due principali conseguenze

1) In ambito scolastico si determinerà un vuoto generazionale di almeno 7 anni (ma stime meno ottimistiche dicono 10), che aumenterà l'età media del corpo docente italiano, già oggi tra le più alte in Europa.
2) In ambito universitario saremo spettatori dell'inevitabile e drastica diminuzione degli iscritti alle Facoltà umanistiche e scientifiche che hanno nell'insegnamento un loro naturale e costitutivo sbocco professionale (anche se ovviamente non l'unico), con conseguenze irreparabili per il livello culturale del Paese.

Nel chiedere la revisione del decreto in emanazione,
proponiamo tre possibili soluzioni

1) Sganciare l'abilitazione dal reclutamento, come già avviene per le altre professioni: abilitarsi non significa, infatti, ottenere di diritto il posto d'insegnante in ruolo, ma conseguire un titolo spendibile sul mercato del lavoro, sul modello delle idoneità (è quanto già avviene in tutto il resto d'Europa).
2) Rendere disponibile per le lauree magistrali e per le abilitazioni all'insegnamento un numero di posti sufficiente a garantire un effettivo ricambio generazionale e una risposta alle reali necessità della scuola.
3) Avviare contestualmente e con urgenza una ridefinizione delle modalità di reclutamento dei docenti che assicuri selezione e qualità e che garantisca sia i diritti acquisiti di chi è già iscritto in graduatoria, sia le aspettative dei giovani abilitati di inserirsi nel mondo del lavoro.
Lanciamo questo appello come possibilità per il nostro Paese di riguadagnare il proprio futuro ed evitare una crisi generazionale ed educativa senza precedenti, ancor più dannosa per il periodo storico che stiamo attraversando.

 

incontro pubblico per capire il TFA

I.R.A.S.E. di Roma, nell'ambito delle proprie attività, organizza in collaborazione con la UIL Scuola di Roma un incontro di formazione gratuito e aperto a tutti riguardante il regolamento sulla:

FORMAZIONE INIZIALE DEGLI INSEGNANTI
VERSO IL ... TIROCINIO FORMATIVO ATTIVO


I.T.I.S. GALILEI - VIA CONTE VERDE, 51 - ROMA
VENERDI' 9 DALLE 16,30 ALLE 19,00

lunedì 5 settembre 2011

Dopo la pianista che commosse Stalin arriva Pasternak. Intervista a Giovanna Parravicini

di Olga Sanese pubblicato su L'Ottimista di agosto 2011 (speciale Meeting)


«L’artista dialoga con Dio, e Questi gli offre svariati soggetti perché abbia di che scrivere (…) Tutto è positivo in questo dialogo con Dio che costituisce l’essenza della vita». La mostra curata da Adriano Dell’Asta e Giovanna Parravicini, ricercatrice presso la Fondazione Russia Cristiana e direttore dell'edizione russa della rivista "La Nuova Europa", si è costruita intorno a questa affermazione di Boris Pasternak  che, se da un lato è uno dei vertici dell’esperienza umana, dall’altro è il motivo dominante della sua creatività, delle sua poesie e del suo capolavoro “Il Dottor Živago”, scritto nell’arco di dieci anni dal 1946 al 1955 (Nobel nel 1957 che fu costretto a rifiutare per timore di gravi ritorsioni da parte del regime sovietico) ma a cui si era preparato tutta la vita, e che sente come  una missione affidatagli da Dio.

Cosa vedranno i visitatori del Meeting di Rimini nella mostra intitolata “Mia sorella la Vita. Boris Pasternak”?

G.P. La mostra racconta l’iter di Pasternak, partendo da due poesie che appartengono al romanzo, “Amleto” e “Il Getsemani”, dove a tema è la vita dell’uomo come vocazione, entro la grande vocazione di Cristo. Oltre ai pannelli di testo e di fotografie, ci sarà un laboratorio teatrale, dove verranno recitati versi e brani di Pasternak e saranno riprodotti due filmati.
All’incontro di presentazione della mostra interverrà Ol’ga Sedakova, una delle voci più suggestive della poesia russa dei nostri giorni, e ricorderà che per lei e la sua generazione gli scritti di Pasternak «suonavano come lettere apostoliche»; erano temuti e vietati dal regime tanto da circolare esclusivamente attraverso i canali clandestini del samizdat.
La mostra si snoderà intorno a tre personaggi emblematici per Pasternak: Amleto, Faust e il dottor Živago. I primi due li frequentò a lungo come traduttore di Shakespaere e di Goethe: Amleto è l’emblema dell’uomo che fa ingresso nella vita, consapevole di una responsabilità e di un sacrificio che gli vengono dall’essere «mandato»; Faust è l’uomo che cerca di «strappare» un brandello di felicità con le proprie forze; il dottor Živago (il nome in russo ha la stessa radice di «vita») è il superamento della tentazione faustiana e il compimento dell’attesa di Amleto.

Da dove nasce l’idea della mostra?

G.P. Nasce dall'amicizia del grande poeta con la pianista Marija Judina, a cui ho recentemente dedicato un libro “Marija Judina. La pianista che commosse Stalin. Più della musica”. Era una donna inquieta, per la quale suonare era “un avvenimento interiore”,  sempre in ricerca della verità; questa sua tormentosa indagine approderà infine alla Fede. All’inizio conosceva «solo una strada che porta a Dio, l’arte» tanto che ogni «sua lezione su Bach è catechismo», come dicono i suoi allievi.   Ma fu quell’imprevisto ammiratore, Stalin, a metterla alla prova quando le regalò ventimila rubli ai quali la pianista rispose solo con un biglietto: «Pregherò giorno e notte per Lei e chiederò al Signore che perdoni i Suoi gravi peccati contro il popolo e la nazione. I soldi che mi ha donato li devolverò per i restauri della chiesa in cui vado».
Alla morte del grande dittatore, sul suo grammofono, c’era un disco della Judina.


Come avviene l’incontro tra i Pasternak e la Judina?

Il 16 gennaio del 1929 Pasternak, trascinato da un amico a un concerto di Marija Judina, era rimasto abbagliato ma anche confuso perché nella pianista aveva riconosciuto la donna dimessa, «con un paio di scarpe scalcagnate e una camicetta più che modesta» che qualche settimana prima si era recata da lui per chiedergli di tradurre delle poesie di Rilke che le servivano per il lavoro al Conservatorio. Allora le aveva risposto evasivamente (chiedendosi come avrebbe fatto a pagargli il lavoro), ma durante l’intervallo del concerto le aveva mandato un biglietto: «Mi perdoni, non sapevo chi Lei fosse. Mi scriva, tradurrò tutto quello che vuole».

Con la mostra di quest’anno Giovanna Parravicini continua l’opera, iniziata con il suo libro Liberi (Rizzoli), di ritrarre storie di grandi uomini, di luminosi testimoni della Fede della Russia novecentesca. Per le numerose pubblicazioni sulla storia della Chiesa in Russia nel XX secolo e la storia dell'arte bizantina e russa, per la collaborazione in ambito culturale con la Nunziatura Apostolica e presso il Centro "Biblioteca dello Spirito" - lavori che compie vivendo a Mosca -, oltre che per questa intervista, la redazione dell’Ottimista la ringrazia.

giovedì 1 settembre 2011

aspiranti docenti non abilitati MUOVIAMOCI!

La Manovra non dà spazio alla nostra battaglia.

Pochi sono i giornali che ci stanno riprendendo (Avvenire con articoli per tutto agosto, oggi Famiglia cristiana e La Stampa, il 28 Repubblica)

Al Ministero nicchiano. Non interessiamo a nessuno.
E invece noi siamo numerosi quanto i precari storici (200.000)....con la differenza che loro una supplenza annuale ce l'hanno.

Bisogna organizzare una manifestazione per permettere ai giorvani prof di prendere l'abilitazione !