di Olga Sanese su Pagine di luglio 2012
Lega ladrona. Questo è stato sicuramente lo slogan più diffuso sulla
maggior parte dei giornali per descrivere come anche l’irriducibile Lega si sia
“slegata” dopo lo scandalo Belsito-Rosi
Mauro- Renzo Bossi sui fondi pubblici destinati al partito e, invece,
utilizzati per spese personali, per creare un fondo in Tanzania, per comprare
diamanti, per attivare una macchina del fango stile Il Giornale su Roberto
Maroni. Dunque anche un partito-anti-politico come quello che sogna una
Padania libera è stato trovato con le mani nel “sacco (di Roma”). Giustizia ad orologeria sotto le
elezioni amministrative di maggio? O fio da pagare per chi ha osato contrastare
il governo dei tecnici? Di sicuro,
per salvare il salvabile, Bossi padre si
è dovuto dimettere da segretario nazionale il 5 aprile (una sorta di 25 luglio del Gran Consiglio della Lega),
affidando il partito del Nord al Triumvirato
Calderoli – Maroni- Dal Lago. Tuttavia, come insegna la storia, dei tre ne
rimarrà solo uno. Incontrastato.
Cronologia dei fatti
Quando la Lega era ancora al
Governo con Berlusconi già
scricchiolava tra Maroniani e Cerchio Magico: da una parte il
Ministro dell’Interno e i suoi seguaci (fra i quali spicca Tosi, già Sindaco di Verona), dall’altra la famiglia del Senatùr con Calderoli, Reguzzoni and company.
Sotto il Governo Monti la Lega è l’unico partito che si
schiera all’opposizione (insieme a Di
Pietro che, però, va a giorni alterni…), rinfacciando errori all’antico
alleato PdL e maledicendo il suo
scendere a patti con i tecnici. Ad ogni modo contro il nemico comune il partito
del Nord si era ricompattato al suo interno. Ma l’unità è durata ben poco.
Il 3 aprile arriva la doccia fredda (e l’acqua non è quella dell’amato
dio Po): il tesoriere della Lega
Francesco Belsito è indagato con le accuse di finanziamento illecito ai partiti, truffa ai danni dello Stato e
riciclaggio (e pare che la cosa andasse avanti dal 2004). I soldi dei rimborsi
elettorali venivano usati per vacanze, cene e ristrutturazioni della famiglia
Bossi. A ciò si aggiungano gli investimenti di fondi
in Tanzania
e Cipro.
Le inchieste sono partite dalla Terronia
(Napoli e Reggio Calabria) dove
spuntano anche possibili collegamenti con la criminalità organizzata, un po’
quello che raccontava Roberto Saviano
a “Vieni via con me” e che Bobo
Maroni si era affrettato a smentire auto-invitandosi ad una puntata della nota trasmissione
condotta da Fabio Fazio su Rai 3.
Tra le varie perquisizioni di
abitazioni e uffici spicca la sede del Sinpa,
il sindacato della Padania, la cui segretaria è la vicepresidente del Senato Rosi
Mauro, protagonista – insieme a Belsito e ai Bossi - della vicenda
oscura che ha avvolto la Lega.
A Renzo Bossi, il pluribocciato figlio del Senatùr, sarebbe stata
finanziata tutta la campagna elettorale da consigliere regionale, oltre alla
lista bloccatissima che gli ha permesso di evitare la gavetta da normale
militante e di iniziare la carriera politica da figlio del Boss(i). Ed è stato
proprio il figlio a travolgere il padre (un po’ come nel mito greco è stato per
Zeus e Crono) grazie ad
un’intervista rilasciata al settimanale “Oggi” dal suo autista personale. “Ero il suo
bancomat” – ha rivelato – raccontando le pazze spese del “figliol
prodigo” con i soldi del partito. Insomma Bossi junior assaliva le
casse della Lega come il Renzo del Manzoni
faceva con i forni…non pensando che il Ferrer
di turno avrebbe potuto incastrarlo.
A quel punto, con un gesto
plateale, l’Umberto fa dimettere il
tesoriere, il figlio e si dimette lui stesso dopo lo storico incontro a Via Bellerio, sede storica della Lega,
con tutti i dirigenti: altro che partito del popolo!
L’unica che non si dimette è Rosi
Mauro che vuole, da buona leghista, “tenere
duro”. Ma nessun cerchio magico, né qualche ampolla fatata la salverà dalla
gogna mediatica che, dopo i burlesque di Berlusca, non sapeva più di cosa
parlare. Ora, invece, tra Lega Nord e difficoltà del PdL nella Lombardia di
Formigoni, le firme di sinistra tornano lietamente a gettare fiumi di
inchiostro (e per niente simpatico) e a
puntare i riflettori sugli avversari politici. Ma non finisce qui. Dopo pochi
giorni dal caso Belsito si scopre che con i soldi del partito veniva finanziata
anche un’inchiesta di servizi segreti leghisti volti a screditare l’ex Ministro
degli Interni. È il “casus belli”, la goccia che fa traboccare il vaso in casa
Lega: da tutto ciò Maroni, invece che esserne avvilito, ne esce vincitore. E,
invece, di denigrare l’avversario di una guerra civile tutta interna alla Lega
e distruggere il partito, può permettersi di difendere Bossi (dicendo che non
sapeva), perdona chi gli metteva le cimici e si impadronisce del Partito del
Nord, senza il fastidio di qualsiasi improbabile concorrente.
Inizia così il contrattacco
leghista: proposta dello sciopero fiscale contro l’Imu e tutte le tasse
aggiunte dal Governo Monti. È solo l’inizio della risalita di un partito che ha
ancora forti radici nel Nord e che non vuole cedere il suo territorio a nessun
tecnico di turno.
Antecedenti
A ringraziare Belsito è
sicuramente Luigi Lusi, il tesoriere
che ha sottratto 13 milioni di euro alla Margherita,
di cui non si è più parlato dopo lo scandalo dei fondi pubblici della Lega.
Dopo essere stato in tutte le
trasmissioni a ripetere di non sapere nulla e di essere stato frodato da Lusi,
l’ex segretario della Margherita Francesco
Rutelli non si è certo dimesso, a differenza di Bossi. La questione, in
realtà, era molto grossa se si pensa che la Margherita è uno dei partiti che
forma il Pd, nato dalla fusione con
i Ds, con i quali aveva in comune
proprie le casse del Tesoro. E il caso Lusi-Rutelli ha rischiato di mettere nei
guai lo stesso Pierferdinando Casini che
ha inglobato nella sua Unione di Centro,
oltre al Fli di Gianfranco Fini, anche l’Api
di Ciccio-Bello, con la sua idea di distruggere il bipolarismo e fondare un “Partito della Nazione”.
Intanto l’ Italia dei Valori è partita in quarta con un referendum contro il
finanziamento pubblico ai partiti e il PdL di Alfano annuncia - per il post-elezioni - la più grande novità
politica che la storia italiana abbia mai avuto, una sorta di Big-Bang, per
dirla con il Sindaco di Firenze, Matteo
Renzi.
Ai posteri l’ardua sentenza.
Cronologia del
Carroccio: un partito “diverso” che si è omologato alla Prima Repubblica
Umberto Bossi nasce a Cassano Magnago il 19 settembre 1941.
Nel 1975 si
iscrive al Partito Comunista Italiano.
Nel 1982 fonda,
insieme a Maroni e Leoni, la Lega
Autonomista Lombarda.
Nel 1983, alla
prima prova elettorale (“Lista per Trieste”), ottiene 157 preferenze.
Il 12 aprile 1984
fonda la “Lega Lombarda” in occasione
delle elezioni europee nelle quali ottiene 1630 preferenze.
Nelle elezioni del 1987
Bossi viene eletto senatore.
Il 4 dicembre 1989
nasce la “Lega Nord” e Bossi viene
nominato Segretario Federale al raduno
di Pontida (Bergamo).
Alle elezioni del 1992
viene rieletto alla Camera con 240.253 preferenze.
Nel 1994 la Lega
si allea con Forza Italia e vince le elezioni. Berlusconi è Presidente del
Consiglio.
Ma dopo poco Bossi rompe con il Cavaliere, facendo venire
meno la fiducia al suo Governo.
Si va ad elezioni anticipate nel 1996 e la Lega ottiene il 10,8 % dei voti.
Nel 2001 la Lega
torna a governare con la Casa delle Libertà. Bossi è Ministro delle Riforme.
Nessun commento:
Posta un commento