lunedì 14 gennaio 2013

SONO RIMASTI AL VERDE


di Olga Sanese su Pagine di luglio 2012


Lega ladrona. Questo è stato sicuramente lo slogan più diffuso sulla maggior parte dei giornali per descrivere come anche l’irriducibile Lega si sia “slegata” dopo lo scandalo Belsito-Rosi Mauro- Renzo Bossi sui fondi pubblici destinati al partito e, invece, utilizzati per spese personali, per creare un fondo in Tanzania, per comprare diamanti, per attivare una macchina del fango stile Il Giornale su Roberto Maroni. Dunque anche un partito-anti-politico come quello che sogna una Padania libera è stato trovato con le mani nel “sacco (di Roma”). Giustizia ad orologeria sotto le elezioni amministrative di maggio? O fio da pagare per chi ha osato contrastare il governo dei tecnici? Di sicuro, per salvare il salvabile, Bossi padre si è dovuto dimettere da segretario nazionale il 5 aprile (una sorta di 25 luglio del Gran Consiglio della Lega), affidando il partito del Nord al Triumvirato Calderoli – Maroni- Dal Lago. Tuttavia, come insegna la storia, dei tre ne rimarrà solo uno. Incontrastato.


Cronologia dei fatti

Quando la Lega era ancora al Governo con Berlusconi già scricchiolava tra Maroniani e Cerchio Magico: da una parte il Ministro dell’Interno e i suoi seguaci (fra i quali spicca Tosi, già Sindaco di Verona), dall’altra la famiglia del Senatùr con Calderoli, Reguzzoni and company.
Sotto il Governo Monti la Lega è l’unico partito che si schiera all’opposizione (insieme a Di Pietro che, però, va a giorni alterni…), rinfacciando errori all’antico alleato PdL e maledicendo il suo scendere a patti con i tecnici. Ad ogni modo contro il nemico comune il partito del Nord si era ricompattato al suo interno. Ma l’unità è durata ben poco.
Il 3 aprile arriva la doccia fredda (e l’acqua non è quella dell’amato dio Po): il tesoriere della Lega Francesco Belsito è indagato con le accuse di finanziamento illecito ai partiti, truffa ai danni dello Stato e riciclaggio (e pare che la cosa andasse avanti dal 2004). I soldi dei rimborsi elettorali venivano usati per vacanze, cene e ristrutturazioni della famiglia Bossi. A ciò si aggiungano gli investimenti di fondi in Tanzania Cipro.
Le inchieste sono partite dalla Terronia (Napoli e Reggio Calabria) dove spuntano anche possibili collegamenti con la criminalità organizzata, un po’ quello che raccontava Roberto Saviano a “Vieni via con me” e che Bobo Maroni si era affrettato a smentire auto-invitandosi ad una puntata della nota trasmissione condotta da Fabio Fazio su Rai 3.
Tra le varie perquisizioni di abitazioni e uffici spicca la sede del Sinpa, il sindacato della Padania, la cui segretaria è la vicepresidente del Senato Rosi Mauro, protagonista – insieme a Belsito e ai Bossi - della vicenda oscura che ha avvolto la Lega.
A Renzo Bossi, il pluribocciato figlio del Senatùr, sarebbe stata finanziata tutta la campagna elettorale da consigliere regionale, oltre alla lista bloccatissima che gli ha permesso di evitare la gavetta da normale militante e di iniziare la carriera politica da figlio del Boss(i). Ed è stato proprio il figlio a travolgere il padre (un po’ come nel mito greco è stato per Zeus e Crono) grazie ad un’intervista rilasciata al settimanale “Oggi” dal  suo autista personale. “Ero il suo bancomat” – ha rivelato – raccontando le pazze spese del “figliol prodigo” con i soldi del partito. Insomma Bossi junior assaliva le casse della Lega come il Renzo del Manzoni faceva con i forni…non pensando che il Ferrer di turno avrebbe potuto incastrarlo.
A quel punto, con un gesto plateale, l’Umberto fa dimettere il tesoriere, il figlio e si dimette lui stesso dopo lo storico incontro a Via Bellerio, sede storica della Lega, con tutti i dirigenti: altro che partito del popolo!   
L’unica che non si dimette è Rosi Mauro che vuole, da buona leghista, “tenere duro”. Ma nessun cerchio magico, né qualche ampolla fatata la salverà dalla gogna mediatica che, dopo i burlesque di Berlusca, non sapeva più di cosa parlare. Ora, invece, tra Lega Nord e difficoltà del PdL nella Lombardia di Formigoni, le firme di sinistra tornano lietamente a gettare fiumi di inchiostro (e per niente  simpatico) e a puntare i riflettori sugli avversari politici. Ma non finisce qui. Dopo pochi giorni dal caso Belsito si scopre che con i soldi del partito veniva finanziata anche un’inchiesta di servizi segreti leghisti volti a screditare l’ex Ministro degli Interni. È il “casus belli”, la goccia che fa traboccare il vaso in casa Lega: da tutto ciò Maroni, invece che esserne avvilito, ne esce vincitore. E, invece, di denigrare l’avversario di una guerra civile tutta interna alla Lega e distruggere il partito, può permettersi di difendere Bossi (dicendo che non sapeva), perdona chi gli metteva le cimici e si impadronisce del Partito del Nord, senza il fastidio di qualsiasi improbabile concorrente.
Inizia così il contrattacco leghista: proposta dello sciopero fiscale contro l’Imu e tutte le tasse aggiunte dal Governo Monti. È solo l’inizio della risalita di un partito che ha ancora forti radici nel Nord e che non vuole cedere il suo territorio a nessun tecnico di turno.


Antecedenti

A ringraziare Belsito è sicuramente Luigi Lusi, il tesoriere che ha sottratto 13 milioni di euro alla Margherita, di cui non si è più parlato dopo lo scandalo dei fondi pubblici della Lega.
Dopo essere stato in tutte le trasmissioni a ripetere di non sapere nulla e di essere stato frodato da Lusi, l’ex segretario della Margherita Francesco Rutelli non si è certo dimesso, a differenza di Bossi. La questione, in realtà, era molto grossa se si pensa che la Margherita è uno dei partiti che forma il Pd, nato dalla fusione con i Ds, con i quali aveva in comune proprie le casse del Tesoro. E il caso Lusi-Rutelli ha rischiato di mettere nei guai lo stesso Pierferdinando Casini che ha inglobato nella sua Unione di Centro, oltre al Fli di Gianfranco Fini, anche l’Api di Ciccio-Bello, con la sua idea di distruggere il bipolarismo e fondare un “Partito della Nazione”.
Intanto l’ Italia dei Valori è partita in quarta con un referendum contro il finanziamento pubblico ai partiti e il PdL di Alfano annuncia - per il post-elezioni - la più grande novità politica che la storia italiana abbia mai avuto, una sorta di Big-Bang, per dirla con il Sindaco di Firenze, Matteo Renzi.
Ai posteri l’ardua sentenza.



Cronologia del Carroccio: un partito “diverso” che si è omologato alla Prima Repubblica

Umberto Bossi nasce a Cassano Magnago il 19 settembre 1941.
Nel 1975 si iscrive al Partito Comunista Italiano.
Nel 1982 fonda, insieme a Maroni e Leoni, la Lega Autonomista Lombarda.
Nel 1983, alla prima prova elettorale (“Lista per Trieste”), ottiene 157 preferenze.
Il 12 aprile 1984 fonda la “Lega Lombarda” in occasione delle elezioni europee nelle quali ottiene 1630 preferenze. 
Nelle elezioni del 1987 Bossi viene eletto senatore.
Il 4 dicembre 1989 nasce la “Lega Nord” e Bossi viene nominato Segretario Federale al raduno di Pontida (Bergamo).
Alle elezioni del 1992 viene rieletto alla Camera con 240.253 preferenze.
Nel 1994 la Lega si allea con Forza Italia e vince le elezioni. Berlusconi è Presidente del Consiglio.
Ma dopo poco Bossi rompe con il Cavaliere, facendo venire meno la fiducia al suo Governo.
Si va ad elezioni anticipate nel 1996 e la Lega ottiene il 10,8 % dei voti.
Nel 2001 la Lega torna a governare con la Casa delle Libertà. Bossi è Ministro delle Riforme.

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