giovedì 15 marzo 2012

Giovani scrittori: follia o speranza?

Una panoramica italiana

di Olga Sanese pubblicato sul mensile cartaceo "L'Ottimista" di marzo 2012

Chi sono i Panebianco under 40? E gli Erri de Luca under 30? Quale libro recente è lontanamente  paragonabile a “La solitudine dei numeri primi” del piccolo grande Paolo Giordano? L’Ottimista si è fatto questa domanda e ha cercato una risposta analizzando il panorama nazionale (ma anche internazionale) dei giovani scrittori emergenti o già “emersi”.
Ma innanzitutto: cosa vuol dire scrivere, oggi? Da più di un secolo, ormai, l’intellettuale non è più un “vate” (come lo era D’Annunzio, per esempio) né la sua voce viene “intercettata” per indicare un cammino all’umanità.   Già Baudelaire in una sua nota poesia affermava che lo scrittore, a fine Ottocento, era
come un albatros deriso da tutti perché, con le sue ali giganti (simbolo delle grandi idee che aveva), non riusciva a volare (cioè a farsi capire dal mondo industrializzato che lo aveva esautorato della sua auctoritas).
E oggi che cosa vuol dire oggi scrivere, se non mettere sul mercato un prodotto da vendere il più possibile indipendentemente dalla sua qualità? In Italia ci sono più scrittori che lettori, più case editrici che librerie, eppure mancano quegli intellettuali che siano guide per l’intera società.  In questo quadro, tuttavia, si inseriscono giovani che sembrano voler risvegliare quell’Umanesimo assopito nella crisi economica, politica e sociale che il mondo sta attraversando. È il caso del trentacinquenne Alessandro D’Avenia, Professore di liceo e autore di “Bianca come il latte, rossa come il sangue” e del recentissimo  “Cose che nessuno sa”. Il cosiddetto Prof. 2.0 – com’è denominato il suo blog - rappresenta per l’Italia di oggi (e non solo, dato che il suo best-seller è stato tradotto in moltissime lingue) una sorta di “angelo caduto in volo” che ha risvegliato la scuola e il mondo della cultura dal sonno del “tanto non cambierà mai nulla” per riportare entrambi al loro principale scopo: educare alla bellezza. Per farlo è interessante che lo stesso D’Avenia consigli di leggere, prima dei suoi libri,  i grandi classici della letteratura (basti pensare che alla base del suo ultimo romanzo ci sia proprio la famosa “Odissea”). Lo scopo dello scrittore – dice – è  mettere i classici “in dialogo con il presente. Più che rimodernizzarli c’è bisogno che siano loro a leggere e modernizzare noi. Un Dante può darci le parole per possederci, per dirci, per conoscerci. Si tratta di scovare quei tratti profondamente umani e universali che la grande letteratura ha, altrimenti non sarebbero e non diventerebbero dei classici. Chiaramente per avvicinare alla lettura dei classici è necessario renderli più permeabili ai sensi dei contemporanei: ben vengano le operazioni che avvicinano senza semplificare. In questo il Baricco di Totem ha molto da dare agli insegnanti che fa venire voglia di leggere l’originale, senza sostituirlo”.
Un altro scrittore tanto giovane quanto affermato è sicuramente Roberto Saviano, intellettuale impegnato sui temi della camorra e di come, attraverso la cultura, sia possibile sottrarle i ragazzi. Reso celebre dal successo di “Gomorra”, capolavoro diventato anche un film, Saviano è stato più volte ospite della trasmissione di Fabio Fazio “Che tempo che fa” ed è stato protagonista indiscusso del programma “Vieni via con me” (diventato anche un libro) attraverso i suoi monologhi e gli apporti che ha dato durante la lettura dei famosi “elenchi”. La sua idea di fare cultura consiste, innanzitutto, nel raccontare un’Italia diversa: quella che i media non vedono né ascoltano; un Paese fatto di persone che ogni giorno lavorano, studiano o fanno ricerca per rendere l’Italia migliore di come l’hanno trovata; un popolo che ama il proprio Paese al punto di fare sacrifici, di rinunciare a un po’ dell’interesse privato per il bene comune. Insomma, parafrasando la nota pubblicità Fiat, “è questa l’Italia che piace” a Saviano e che racconta nelle sue uscite pubbliche. In una di queste ha presentato uno  scrittore russo, nato nel 1980, Nicolai Lilin, che dal 2004 si è trasferito in Italia e ha pubblicato tre libri nella nostra lingua: nel 2009 è escito per Einaudi Educazione siberiana, di cui Gabriele Salvatores ha curato la trasposizione cinematografica; nel 2010 Lilin finisce di scrivere Caduta libera, in cui racconta in prima persona la sua esperienza di diciottenne in Cecenia nelle fila dell’esercito russo. Senza ideologie né filtri, Lilin scrive trasformando quel conflitto nello specchio di tutte le guerre iper tecnologiche contemporanee. Infine  pubblica “Il respiro nel buio” (2011), “storia di formazione ma anche un romanzo sul trauma e le sue conseguenze incontrollabili. Tornato dalla guerra in Cecenia e dai suoi orrori, il protagonista avverte la difficoltà di reinserirsi nella vita civile, di esserne accettato fino a che non decide di intraprendere un viaggio in Siberia che lo porterà dal nonno e alla scoperta delle proprie radici. E quel mondo, aspro e ostile nel quale finisce si rivelerà fondamentale per rigenerare la psiche di Nicolai. La Siberia, insomma, con la sua taiga, i suoi animali, la sua gente, i suoi riti sciamanici, i suoi villaggi, diventerà il grado zero dal quale poter ripartire. Quella terra immensa ha qualcosa di meraviglioso che non possono avere né Mosca né Pietroburgo. Ha le leggi del cuore. Più dure delle leggi della città, ma meno astratte e soprattutto misteriose” (Antonio GnoliLa Repubblica).
Completamente disimpegnato, invece, ma – al tempo stesso - autore di veri e propri best seller è Fabio Volo, quarantenne nel 2012. Da ex fornaio bergamasco è stato capace di raccogliere intorno ai suoi libri milioni di accaniti lettori attraverso le sue storie semplici quanto vere e, soprattutto, immediate. Sono libri scritti per Mondadori dal 2001 a oggi (Esco a fare due passi, È una vita che ti aspetto,Un posto nel mondo, Il giorno in più, Il tempo che vorrei, Le prime luci del mattino) che lasciano senza fiato coloro che sono alla ricerca, come il protagonista, di una felicità che duri più del battito d’ali di una farfalla e che non riescono a trovare nelle intricate storie d’amore che vengono raccontate. E dai libri sgorgano poi pellicole cinematografiche che fanno migliaia di spettatori.
Fenomeno che ha destato un certo clamore è anche quello della cosiddetta “Generazione TQ”, insieme di intellettuali trenta-quarantenni che si ripropongono di rifondare la cultura. Di area democratica, essi si riuniscono intorno alla casa editrice Laterza.
Con un manifesto politico,
si definiscono “mediatori tra i saperi” e immaginano “nuovi modelli di pratiche sociali (…) nel campo dell'editoria e in quello degli interventi pubblici, dalle attività di volontariato nelle scuole pubbliche a seminari tematici aperti a tutti su cultura, politica ed economia. Si tratta di una generazione (allargata) che sta provando a praticare un’alternativa umana e comune al lungo sonno della ragione.
E quali sono gli stranieri che conquistano le librerie italiane? Dopo il successo di Harry Potter impazza ancora la saga dei vampireschi  Twilight (2006 in Italia), New Moon, Eclipse e Breaking Dawn, scritti dalla meno che quarantenne statunitense Stephenie Meyer.
Tirando le somme da questa panoramica è possibile affermare che, mentre all’estero, la fanno da padrone
i fantasy, in Italia prevale la scrittura impegnata, segno che i giovani hanno il coraggio di guardare in faccia la realtà, di amarla nonostante tutto e di renderla migliore di come l’hanno trovata.

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