venerdì 16 dicembre 2011

CRISI: bisogna che tutto cambi… se vogliamo che tutto rimanga com’ è

di Olga Sanese pubblicato su La Fonte 2004

I momenti di crisi sono intrinseci ai periodi storici, permettono all’uomo di ingegnarsi,  progredire e, soprattutto – come diceva Hannah Arendt - di “tornare alle domande” di senso. Anche Steve Jobs, se non fosse andato in crisi quando venne respinto dalla Apple, non avrebbe inventato tutti quei marchingegni che gli permisero di rimettere piede nella sua azienda e di diventare il “principe” dell’informatica. E un altro Principe, quello immaginato da Machiavelli già 500 anni fa, metteva in guardia dai periodi di crisi: “La fortuna dimostra tutta la sua potenza dove la virtù non è preparata a resisterle e dove sa che non sono stati costruiti argini per contrastarla. E se voi considererete l’Italia, che è la sede di tutti i rivolgimenti politici, vedrete che è una campagna senza argini e senza riparo: perché, se fosse stata riparata da conveniente virtù come la Germania e la Francia, questa “piena” non sarebbe venuta”.
Più recentemente il giornalista Pansa, nel suo nuovo libro, “Poco o niente. Eravamo poveri. Torneremo poveri” (Rizzoli, 2011), evidenzia quale sia la differenza tra i suoi genitori e i nostri: “I miei non si sono concessi alcun lusso, non hanno mai posseduto un’automobile e non sono mai andati in vacanza. Però hanno avuto sempre una certezza: tanto io che mia sorella avremmo vissuto una vita migliore della loro. Una certezza che oggi molti genitori non possiedono più. (…) Il benessere non è una conquista definitiva. E può essere perduto”. Cosa che sempre più spesso accade, trascinati da quella strana “euforia dell’effimero” che induce i più ad utilizzare i propri risparmi per vivere intensamente il presente e ad abbandonarsi a un consumismo compulsivo come ha detto S. Petrosino (Avvenire del 20/9/2011).
C’è bisogno invece di persone che non si sentono condannate alla delusione ma che vivano all’altezza dei propri desideri e che riconoscano - mossi dalla passione per l’uomo - quel qualcosa che nella realtà c’è già. In fondo “le forze che cambiano la storia sono le stesse che cambiano il cuore dell’uomo” (http://www.clonline.com/). Allora, come uscire dalla crisi che stiamo vivendo? Sicuramente attraverso l’esperienza e l’esempio che molti offrono in modo “invisibile” tutti i giorni nella nostra società: Ci sono persone che non si lasciano trascinare dal flusso delle cose, ma remano controcorrente. Proprio nel mezzo di una crisi tra le più gravi della nostra storia, esistono fatti virtuosi, segno che le persone si sono rimesse in azione senza aspettare una risoluzione dei problemi dall’alto. Così, non potendo cambiare tutto e subito, hanno cominciato a cambiare i loro stili di vita, affrontando la realtà senza preclusioni e dandosi da fare senza rinnegare e dimenticare nulla” (http://www.clonline.com/), tutti tesi a “costruire il futuro accettando le sfide della realtà, rispondendo ad esse con intelligenza, creatività  e spirito di sacrificio”, richiamati al lavoro e alla solidarietà da parte del Presidente della Cei Bagnasco a Todi il 17 ottobre scorso, quando aveva detto “Nei momenti di crisi i cristiani sono chiamati in causa” anche perché “in ogni campo, non sono l’organizzazione efficiente o il coagulo di interessi materiali o ideologici che reggono gli urti della storia e degli egoismi di singoli o di parti, ma la consonanza delle anime e dei cuori, la verità e la forza degli ideali”.
Solo così si può tornare a desiderare e a sperare, cioè a vivere.

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