giovedì 24 febbraio 2011

James Bond missione docente – Come depistarela scuola high tech e l’auto-apprendimento basato sulle nuove tecnologie

di Olga Sanese su l’Ottimista del 17/2/2011
Immaginatevi una lezione nella nuova scuola high-tech. Gli studenti attraversano il varco d’ingresso con il loro tesserino magnetico e risultano presenti sul registro elettronico di classe; una volta seduti, si ritrovano davanti una lavagna speciale, uno schermo su cui si possono proiettare schemi, diapositive e quant’altro provenga da un pc; non solo, è anche interattiva, capace di rispondere al tocco di un dito, anzi di più dita contemporaneamente. Ci si può scrivere anche con penne di puntamento, stilo e matite, e le immagini possono essere in 3D.
In questo tipo di classe, ovviamente, ogni argomento diventa multimediale e il Prof., personaggio molto simile a un deejay, parla con gli alunni in video-collegamento. Poi c’è il Go-Robo Programmer che insegna a scrivere, e i network che permettono agli insegnanti di monitorare meglio i compiti e il lavoro degli alunni. Infine non resta che immaginare che anche l’insegnante scompaia e che in classe ci sia solo un monitor su cui viene proiettata in tutta Italia la stessa materia. Orario del lunedì mattina: latino alla prima ora, storia alla seconda, matematica alla terza e così via.
Sperimentazioni di questo genere sono ormai ovunque: in una scuola di Legnano, il cui preside si vanta di saper parlare latino, hanno adottato tutti net- book, per un accordo progettuale con l’Acer. Nella scuola del Prof. Pian la classe sta davanti a una webcam, un alunno fa una relazione di storia, alla fine viene applaudito come se fosse sul set di un talent show e aspetta che il voto venga concordato. Il tutto finisce su Wikipedia o You-tube cosicchè altri Professori “virtuali” possano attingere da questi materiali per le loro lezioni a distanza.
Tuttavia, differentemente da come si possa pensare, anche se la classe sembra il web, il ruolo degli insegnanti non può non essere fondamentale e, non solo perché non c’è macchina che funzioni senza l’uomo, ma soprattutto per il fatto che l’autoapprendimento basato sulle nuove tecnologie non potrà mai sostituire l’insegnamento, una professione così antica e così necessaria. E c’è un motivo ben preciso che spiega perché non può esistere una scuola senza professori: chiunque, messo da solo davanti a un argomento da studiare lo vedrebbe come un ostacolo in-contestualizzabile se non ci fosse l’insegnante a dargli una visione completa della materia in cui si inquadra quell’argomento. Per esempio, il professore che deve spiegare un “pezzo” di storia sa bene che quel giorno non descriverà soltanto un punto di una lunga linea che è il corso del tempo dell’uomo ma inquadrerà la lezione in un contesto preciso, facendo dei confronti con ciò è venuto prima e ciò che deve ancora venire e dando l’esatta collocazione, il giusto peso all’argomento trattato. Invece, se noi dovessimo imparare una cosa da soli sarebbe come se, stando davanti a un mappamondo, riuscissimo a vedere soltanto la nostra città. Questo spiega che la prospettiva dell’alunno è diversa da quella dell’insegnante perché il primo focalizza la sua attenzione eccessivamente su una cosa piccolissima; in tal caso ne deriva l’errata considerazione come credere che il mondo sia grande come la nostra città, che si parla solo l’italiano e via dicendo. Neanche Google basta, dunque, a cercare informazioni se non conosciamo il contesto.
Un altro danno che viene dalle tecnologie è che spazzano via l’apprendimento sistematico: come la memorizzazione di una poesie, delle tabelline, degli appunti scritti a mano etc.. Differentemente da come si potrebbe pensare esercitare la memoria, attraverso la contestualizzazione, aiuta nell’elaborazione di altri concetti, nella creatività, nell’orientamento nel mondo in quanto il cervello è stimolato a collegare il fatto nuovo a quello che conosciamo già; in letteratura, poi, il meccanismo è ancora più facile perché ci viene in soccorso un sentimento affettivo che ci lega a quei versi impararti in passato. 
E poi c’è un altro motivo per cui davanti alla scuola tradizionale non c’è tecnologia che tenga: è l’ineguagliabile, anche se a volte burrascoso ma pur sempre umano, rapporto docente-discente.
Le nuove tecnologie, dunque,  possono soltanto ampliare i mezzi a disposizione del docente per incidere sulla formazione e sull'educazione degli alunni, magari mettendo a frutto dell’apprendimento scolastico anche i videogiochi capaci di creare quella motivazione e quell’interesse essenziali per l’apprendimento se abbinati all’impegno. Ancora oggi, comunque, c’è bisogno di professori che insegnino che quanta più fatica proviamo nel fare le cose, nello studiare, nel leggere un libro o nel risolvere un teorema di matematica, tanto più grande sarà la nostra soddisfazione e la nostra crescita, interiore e professionale.

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