mercoledì 16 febbraio 2011

Studi classici: una scelta sempre al passo coi tempi

Perché anche al tempo dell’IPAD è preferibile una scuola superiore in cui si studi latino e greco

di Olga Sanese su L'Ottimista del 10/2/2011

“Ti permetto di iscriverti al liceo classico solo se alle 19 spegni la lampada sulla scrivania e vai a farti una passeggiata”. Suonavano così minacciosamente le parole pronunciate da mio padre ben dodici anni fa, che oggi sembrano desuete. E anche allora parevano assai strane…
Il 12 febbraio scadono le iscrizioni alle superiori per gli studenti della terza media  e – più che i diretti interessati – sono i genitori ad entrare nel pallone. È ben noto che la scelta della scuola si fa insieme, genitori e figli, in quanto i primi dovrebbero indirizzare i secondi alla scelta di una scuola che sia superiore alla portata dei ragazzi in modo da far nascere in loro quel meccanismo - chiamiamolo “impegno” - che li porti a passare dal 6 al 7, o dal 7 all’8, proprio grazie a un ambiente scolastico che richieda più fatica. Al contrario una scelta facile e scontata, che non stimoli i loro talenti a fare di più e meglio, li porterà ad adagiarsi sulle posizioni di partenza, sui risultati già raggiunti, per cui chi ha 7 alle medie, sceglie una scuola dove si richiede quel voto o, addirittura, un voto inferiore. In realtà solo il superamento delle difficoltà rende gli studenti realmente soddisfatti dei loro successi scolastici e, in un centro senso, li fa più felici: per aspera ad astra direbbero più sinteticamente i latini.
La scelta della scuola, ogni anno, si ripresenta ardua per le generazioni che ne sono interessate perché con le superiori si pongono le basi al proprio futuro: cosa voglio fare da grande? In che cosa vorrei specializzarmi? Come posso essere utile alla società del domani con il mio lavoro? Per questo occorre buttare un occhio sulle nostre aspirazioni e sulle materie in cui siamo portati, e l’altro su come gira il mondo. Ma, in fondo, la scelta del liceo non è poi una strada definitiva: sarà l’università - o un eventuale master successivo - a indirizzare, in maniera più netta, il nostro cammino professionale.
In questi giorni è facile trovare articoli sui giornali che spezzino una lancia ora a favore di un tipo di scuola, ora a favore di un altro. C’è chi suggerisce di scegliere istituti professionali che forniscono una preparazione mirata al mondo del lavoro, e c’è chi pubblicizza i nuovi licei senza il latino, ma con tecnologia e informatica. Un solo quotidiano ha avuto il coraggio di dimostrare che gli studi classici danno ancora la migliore preparazione possibile per l’università e per la vita e – udite, udite – è proprio il Sole 24 Ore, il giornale economico per eccellenza della stampa italiana. Forse pensano che con la cultura si mangi? Non solo, visto che il titolo recitava Sui classici alla ricerca della felicità. Già, la felicità: parola irrappresentabile, inclassificabile, forse incomprensibile, ma che l’uomo di ogni tempo - anche nell’era dell’ipad - cerca di scoprire. Proprio questo è il punto: gli studi classici offrono, più di ogni altro percorso, la possibilità di interrogare i ragazzi di oggi sulle massime domande dell’esistenza che, una volta divenuti grandi, non si pongono più, presi come sono dal tran-tran quotidiano e dalla ricerca di ciò che è utile e immediatamente spendibile. Insomma, latino e greco resistono anche davanti all’inglese e al cinese, basti pensare al fatto che vengono riscoperti e studiati anche in America.
Ma come è possibile insegnare ancora oggi queste lingue “morte” (e quindi immortali) a ragazzi che vivono del disfacimento della propria lingua attraverso Facebook ed sms sgrammaticati a causa (non solo) delle abbreviazioni? Questa è la sfida degli insegnanti di oggi: rendere “commestibile” il pane della cultura, grammatica e letteratura. Come quando, recentemente, i classici sono tradotti per i bambini in linguaggio moderno dagli scrittori più in voga del momento in modo che i piccoli lettori, venendo a contatto con l’opera nella lingua che conoscono e non con quella “ostica” del loro autore, da grandi andranno a rivedersi l’originale. E allora capiranno che non c’è futuro senza un solido passato.

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