mercoledì 16 marzo 2011

La matematica non è un'opinone. E' una mostra (intervista a Raffaella Manara)

La matematica parte dall’UNO per spiegare l’IINFINITO

di Olga Sanese su l'Ottimista del 10 marzo

Hanno ancora tre giorni di tempo i giovani e gli adulti che vogliono cambiare la loro idea della matematica come “qualcosa che non fa per me”.
Cosa rende bello, invece, risolvere un problema di matematica? Questo è lo spunto per iniziare a seguire quel filo intrecciato di verità e di bellezza che percorre quella materia che da sempre è colonna portante dell’istruzione insieme all’italiano.
Sono tante le domande a cui la mostra cerca di dare risposta: che cosa muove la matematica nel corso della storia? Qual è il suo metodo nella ricerca del vero? Che rapporti ha con le scienze sperimentali? Perché l’infinito riemerge continuamente nel discorso matematico e che ruolo ha? Che cos’è la dimostrazione? C’è ancora qualcosa da scoprire oggi in matematica? L’astrazione è nemica del rapporto col reale o può essere uno strumento potente di comprensione della realtà?
 
L’Ottimista ha intervistato l’ideatrice della mostra, la dott.ssa Raffaella Manara.

Dott.ssa Manara, come mai la matematica si occupa dell'infinito affermando che questo serve a capire il reale?

Il rapporto della matematica con l’idea dell’infinito comincia da subito, dai primi concetti relativi ai numeri che si formano nella mente del bambino. Non appena egli afferra che la successione dei numeri naturali è generata dall’ “aggiungo uno”, concepisce l’idea che tale processo non abbia fine. L’idea di infinito è quindi qualcosa di intrinseco al pensiero matematico. Su tale questione il grande matematico Ennio De Giorgi diceva: “La matematica è in un certo senso costretta a immergere la realtà finita e visibile in un quadro infinito sempre più esteso.”

La matematica è piena di regole: come si relaziona allora il suo rigore con la bellezza di cui si parla nella mostra (“meravigliosi teoremi, eleganti dimostrazioni, formidabili applicazioni”)
 e come si fa a parlare di libertà in questo ambito?

E’ l’effetto di molta matematica che si impara a scuola, l’idea diffusa che essa sia un insieme di rigide regole di esecuzione di ferrei procedimenti. Invece, come ci testimoniano i matematici del presente e del passato, chi si dedica alla matematica fa esperienza di scoperta, di invenzione, talvolta di creazione, riconoscendo che immaginazione e fantasia sono necessarie.
Il rigore, poi, nasce dall’esigenza di certezza, dalla necessità di un criterio di verità; esso però è solo l’alveo in cui si indirizza la libertà del pensiero che origina la matematica. A questa, sin dall’origine, si accompagna la bellezza: è il caso di quando si colgono nella realtà alcune strutture di ordine e armonia (simmetrie e regolarità); quando il suo metodo sostanzia una conoscenza frutto di esplorazione e conquista (comprendere  la matematica è anche una sfida appassionante), e infine nelle sue conquiste per cui teoremi, teorie e applicazioni stupiscono sempre più, quanto più ci si inoltra in essa.

La matematica è spesso vista come qualcosa di astratto. Come si coniuga questo con il suo rapporto con la realtà?

Senza astrarre non possiamo conoscere razionalmente il reale perché le azioni, pur indispensabili, di vedere e toccare, non bastano a conoscere significato e senso di ciò che incontriamo. Il matematico è capace di una osservazione intera, appassionata, insistente sulla realtà, che non è lo stessa di quella delle scienze sperimentali. Egli necessariamente trasforma il semplice  “vedere” nel “vedere con gli occhi della mente”, e se questo è l’astrazione, non può che essere amica del reale. Citando ancora Ennio De Giorgi: “La matematica è una delle manifestazioni più significative  dell’amore per la sapienza. Come tale è caratterizzata, da un lato, da una grande libertà, dall’altro dall’intuizione che il mondo è fatto di cose visibili e invisibili e la matematica ha forse una capacità, unica fra le altre scienze, di passare dall’osservazione delle cose visibili all’immaginazione delle cose invisibili.”. Il tutto con i dovuti limiti.

Ma la cosa più esaltante è come è nata l’idea della mostra. “Sono stati i ragazzi stessi a chiedere a me e al Prof. Scopetti di realizzare questa iniziativa che avevano visto al Meeting di Rimini di quest’estate – dice il Prof. Regoliosi – e noi Prof. siamo stati trascinati da loro in questa mostra.” Dunque, concetto di “uno”, di “limite”, di “infinito”… con questo linguaggio, più che il “cuore della matematica”, sembra che la mostra voglia indagare il cuore dell’uomo. Il suo successo, dunque, non poteva che essere “matematico”.

1 commento:

  1. più sento parlare di matematica più ne scopro il lato filosofico

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