mercoledì 23 marzo 2011

Quello che i Vangeli non dicono di Giuseppe

L’ombra di Giuseppe negli apocrifi

In un suo romanzo, Jan Dobraczyński ricostruisce la figura dello sposo di Maria, che nei vangeli canonici è soltanto accennata. Così il padre putativo di Gesù si rivela essere ombra del Padre vero

di Olga Sanese pubblicato su L'Ottimista del 17 marzo 2011

Quando se la vedeva davanti così non riusciva a nascondere niente e si rammentava della sua decisione di lasciare che fosse lei a dirigere la loro vita (…) lo consolava il fatto che colei che egli amava non avesse timori e fosse così piena di fiducia (…) e lei riuscirà ad amare qualcuno che è soltanto un’ombra? Questi sono i più segreti pensieri del silenzioso Giuseppe sulla sposa Maria, secondo L’ombra del Padre del maggior romanziere cattolico del ‘900, Jan Dobraczyński.
Il romanzo di Giuseppe è un “apocrifo moderno”, ultima tappa di quel “genere letterario”, gli apocrifi appunto, che non rientrano nel Canone delle Scritture. Il “nuovo” apocrifo di Jan Dobraczyński è frutto sia di fonti scritturistiche, sia di antichissimi scritti come, per esempio, l’apocrifo Storia di Giuseppe il falegname, oltre che della fantasia dell’autore. Dobraczyński, infatti, ha scritto in prevalenza romanzi di argomento storico e biblico che letterariamente somigliano molto alle visioni della Sacra Famiglia registrate da alcune mistiche, tra le quali si ricorda Anna Katharina Emmerick. L’autore, con i suoi libri, fra i quali spicca La porta dei Cieli. Il romanzo della Madre di Dio, è stato quindi capace di rendere quotidiana e accessibile a tutti la sacralità, anche quella più alta.
Ne Il romanzo di Giuseppe egli si è cimentato nel ricostruire la storia del padre putativo di Gesù che vi compare come l’uomo credente, posto improvvisamente di fronte a un’imprevedibile chiamata di Dio. Incarnazione ideale del “resto” di Israele, lo sposo di Maria è combattuto lungo tutto il corso della sua vita fra le giuste esigenze umane e la richiesta improrogabile del Padre ed è proprio in questa tensione continua che egli matura la propria fede; ma è un cammino faticoso, percorso di situazioni straordinarie e sullo sfondo di un ambiente socio-politico-religioso complesso e ambivalente. Giuseppe vi emerge, dunque, come l’incarnazione del povero di Jahvé, ricco solo della fiducia nella sua promessa, che non si lascia irretire dalle tentazioni o dalle manovre oscure del potere. Le sue peculiarità sono, quindi, il silenzio, la preghiera, a volte i dubbi, ma soprattutto i sogni come accadeva al suo omonimo dell’Antico Testamento, l’ultimo dei dodici figli di Giacobbe. Il tutto immerso in una grande obbedienza e aspettativa: Lui avrebbe atteso di poter partecipare all’amore degli due, della madre e del Figlio.
Da sempre, infatti, la figura del padre differisce da quella della madre, per un maggior distacco. Così, nel romanzo di Dobraczyński, Giuseppe osserva il Figlio come da lontano: di nuovo guardava il bambino che faceva girare fra le piccolissime dita la capretta di legno”. E questo è facilmente spiegabile col fatto che i figli passano nove mesi dentro il grembo della madre che li sente “fisicamente” carne della propria carne. Tuttavia, a una separazione fisica tra padre e figlio, corrisponde un legame interiore così forte da permettere al genitore di sentire i bisogni del generato anche a distanza. Non bisogna dimenticare, però, che nel romanzo il Figlio di Maria è anche Dio; nonostante ciò la sposa di Giuseppe è capace di dire al marito queste dolci parole: “Lui (il Figlio) ha davvero bisogno di te, potrebbe fare tutto da solo eppure vuole la nostra partecipazione (…) Oh Giuseppe, ogni tua fatica e preoccupazione sono quelle del vero Padre”. La figura di Giuseppe, dunque, dimostra che ogni paternità è sempre adottiva, in quanto “ombra” del Padre vero che è nei Cieli. Al tempo stesso ciò non esime gli uomini dalle loro responsabilità né dalla loro libertà di essere padri.
Un augurio dunque a tutti i papà che quest’anno festeggiano a ridosso dei 150 anni dall’Unità di questa Italia che molti, non a caso, chiamano Patria.

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